Le croci rosa di Ciudad Juarez
Qui a Ciudad Juarez si lavora nelle maquiladoras (impianti per la realizzazione di semilavorati o prodotti finiti per conto di aziende straniere, che poi vengono rispediti nel paese di origine per il completamento del ciclo e la commercializzazione), – nel commercio/gastronomia oppure si lavora a El Paso. Luz, detta Lucita, una signora di sessant’anni originaria di Ciudad Juarez, mi racconta di come la sua città si sia evoluta nel tempo.
Siamo nello Stato messicano di Chihuahua, al confine con Stati Uniti. Ciudad Juarez è famosa ultimamente per essere teatro di smistamento di droga ed esseri umani.
Dall’altro lato il sogno americano, ovvero El Paso, la sorella a stelle e strisce. Tutto intorno il deserto, che si interrompe quando incontra a nord i monti Franklin e ad ovest il “Cerro”, la catena montuosa messicana. Le strade di Ciudad Juarez all’ora di punta si intasano, e fra le centinaia di auto e pick-up targati Chihuahua e Texas si possono trovare fermi nel traffico file interminabili di autobus bianchi.
“Vedi quelli, sono i pullman speciali per riportare a casa la gente che lavora nelle fabbriche. Una volta, prima dell’avvento delle maquiladoras, Ciudad Juarez era una zona dove si coltivava il cotone. Questa zona vicina al muro era un enorme campo di cotone. L’oro bianco lo chiamavano”.

Nel 1966 Ciudad Juárez fu sede delle prime maquiladoras e con esse si sviluppò il primo Parco Industriale in Messico, nello stile dei parchi industriali statunitensi. Ciudad Juárez, come altre città di frontiera, ha presentato una serie di elementi che l’hanno resa attraente per l’installazione degli impianti, tra cui la grande offerta di manodopera a basso costo, la sua vicinanza geografica con gli Stati Uniti che ha diminuito i costi di trasporto e inoltre ha permesso al personale americano di vivere nel suo paese e viaggiare quotidianamente verso il luogo di lavoro.
A sud della città al calar del sole, con i Monti Franklin alle nostre spalle e distese di fabbriche ai lati, si possono ormai intravedere oltre ai marchi “Made in USA” anche nomi tedeschi (Deutsche Bahn ovvero le ferrovie di Stato della Germania), nomi giapponesi e di altri fra i paesi più industrializzati e ricchi del mondo. Globalizzazione, costo della manodopera bassissimo, posizione strategica e ampi spazi hanno portato ad essere Ciudad Juarez un punto strategico per la realizzazione di enormi parchi industriali. Proprio questo fenomeno ha attirato con il passare del tempo molti messicani da tutto il paese e persone da altri stati del centro-sud America, senza considerare tutti quei migranti ai quali il sogno americano è stato negato e che hanno quindi deciso di fermarsi qui. Quest’ondata di nuovi lavoratori ha avuto molte ripercussioni su Ciudad Juarez.
Sebbene negli ultimi anni si sia sempre meno parlato dei casi degli omicidi e delle persone scomparse, Ciudad Juarez resta tristemente famosa per quelle che sono chiamate le croci rosa di Ciudad Juarez e per l’alto numero di scomparsi.

Le caratteristiche delle donne uccise, quindi dei corpi ritrovati e di quelle scomparse sono più o meno le stesse. Le vittime sono generalmente giovani donne, adolescenti e ragazze tra i 7 e i 25 anni, con risorse limitate, studenti, lavoratrici e che in alcuni casi hanno dovuto abbandonare gli studi secondari per iniziare a lavorare.
Una di loro è Nancy Iveth Navarro Muñoz, scomparsa il 13 luglio del 2011.
Ad inizio dicembre 2024, ad ormai 13 anni dalla scomparsa, ho incontrato la madre, Lucy, che abita nella zona ovest della città. Mi ha accolto fra il rumore della TV accesa e le grida di una bimba vivace con i riccioli castani, una delle tre nipoti.
L’altra ragazza presente “si chiama Briana Naomi. Ha 14 anni ed è la figlia di Nancy. Mi ha sempre chiamato mamma. Aveva un anno e qualche mese quando Nancy è scomparsa. Io le ho sempre fatto vedere le foto di sua madre, ma ovviamente non ricorda” dice Lucy, 50 anni, di Ciudad Juárez. Lucy ha 4 figli “Nancy di 32, e poi altri 3 figli di 27, 20 e 18. E 3 nipoti” aggiunge mentre accarezza i capelli della nipote di qualche anno. Nonostante siano passati ben 13 anni dalla scomparsa della figlia, continua ad usare i verbi al presente quando si tratta di Nancy.
“Abbiamo fatto manifestazioni, sono venuti giornalisti, abbiamo incontrato sindaci, politici, governanti, ma nulla. Per loro è come non fosse mai successo nulla. Ogni tanto, soprattutto all’inizio, dopo avere affisso per tutta la città volantini con la sua foto e il nostro numero, di telefono c’era qualcuno che ci chiamava, che voleva del denaro e che ci diceva che l’aveva vista, ma non era vero. Ora abbiamo, un po’ perso la speranza, che c’è ancora, ma sai…più passa il tempo…”.
Nancy nel luglio del 2011 aveva da poco terminato gli studi e “mi ha detto che doveva andare in centro, in un negozio per cercare lavoro. Da quel momento non l’ho più rivista” dice mentre seduta, appoggia i palmi delle mani sulle ginocchia. Ragazza giovane, che cerca lavoro, con risorse limitate. Sono tutte le caratteristiche di una delle tante ragazze scomparse in quegli anni. “Ora la situazione è un po’ più tranquilla. Io e le altre madri ci ritroviamo ogni tanto per alcune manifestazioni. Qualche giorno fa sono stati fatti dei nuovi murales in onore di alcune delle ragazze scomparse”. I corpi di alcune delle ragazze sono stati ritrovati nella zona del deserto o della Valle di Juarez chiamata Arroyo del Navajo.
Nei miei giorni a Ciudad Juarez ho parlato con una psicologa che mi ha raccontato il quadro attuale. “Ultimamente il fenomeno non so se sia in diminuzione. Abbiamo avuto negli ultimi anni ancora una centinaia di casi di adolescenti scomparse. Penso che i mezzi di comunicazione abbiano dato semplicemente meno importanza a questo fenomeno. Oltre alla resistenza delle autorità, la difficoltà del procedimento burocratico e la difficoltà in generale per poter denunciare la scomparsa che è disarmante. La legge dà il diritto a presentare denuncia anche nelle prime 24 ore, ma nonostante questo le autorità minimizzano dicendo che sarà dal ragazzo o con gli amici…” Affermazione che ho riscontrato anche nell’incontro con la madre di Nancy.
“La differenza fra le madri che sperano ancora e quelle delle cui figlie è stato ritrovato il corpo è il processo cosciente di dolore e di lutto. Per chi ha la certezza della perdita completa, il processo si può attuare in modo cosciente. Ci sono anche le madri alle quali è stato trovato semplicemente un pezzo di corpo della figlia…Quelle madri continuano a non accettare la morte e il processo di accettazione non viene attuato. Finché la speranza resta viva, anche il dolore resta vivo, anche se a livello non cosciente”.
Dalla metà degli anni Novanta fino alla metà del 2010 Ciudad Juarez è stata conosciuta come la città con il più alto numero di donne uccise e di persone scomparse nel nulla. Le persone morte e/o scomparse hanno un’età che va dai 15 ai 39 anni, e non si tratta solo di donne. Secondo l’Istituto Messicano di Diritti Umani e Democrazia, (un’organizzazione che promuove collegamenti e incontri con vari attori sociali, politici, accademici e civili per generare proposte e iniziative al fine di raggiungere il rispetto e il rafforzamento dei diritti umani da una prospettiva globale, nonché promuovere i principi della democrazia) i casi di persone scomparse nel 2024 sono 3710, con 3185 uomini e 525 donne, mentre nel 2022 gli scomparsi erano 3493, con 3012 uomini e 481 donne. Numeri che attestano come questo fenomeno abbia semplicemente perso la sua risonanza mediatica.
Foto in copertina: Murales di Nancy Iveth Navarro Muñz a pochi metri dall’abitazione della madre.