Sudan Opinioni Punti di vista

Il conflitto in corso in Sudan e gli orrori della tratta di esseri umani  

Rahman Fazzur

Negli ultimi anni, la Primavera araba del 2010-2011 e l’arrivo in Europa di migliaia di rifugiati siriani nel 2015 hanno portato le questioni dell’immigrazione e dei rifugiati al centro del dibattito politico globale.

Il parziale declino dello spargimento di sangue e della violenza in alcune zone dell’Africa e del Medio Oriente contrasta con il persistente aumento in altre aree della regione, emblematico il caso del Sudan, che oggi è precipitato nel vortice della guerra civile. La deposizione di Omar Al-Bashir nell’aprile 2019 ha segnato l’inizio di una serie di crisi politiche e militari in Sudan, culminate nel conflitto del 2023 tra le forze armate sudanesi e le Forze di supporto rapido (RSF). Questo conflitto ha causato circa dieci milioni di sfollati, di cui il 55% bambini, creando terreno fertile per la tratta di esseri umani.

Come altri Paesi, anche il Sudan non è nuovo al traffico di esseri umani, un fenomeno che è sempre stato diffuso in tutte le aree di conflitto, usato come tattica di guerra e molto più spesso come strumento di lucro.

L’attuale conflitto in Sudan ha costretto un gran numero di persone a cercare di attraversare il confine. La meta principale dei sudanesi in fuga è la Libia, sia per la vicinanza geografica che per la presenza di numerosi gruppi che facilitano il passaggio del confine. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM), nel suo rapporto del 2021, ha incluso i migranti sudanesi tra le cinque nazionalità più rappresentate in Libia. I sudanesi vengono introdotti clandestinamente in vari modi, utilizzando automobili, cammelli e talvolta anche a piedi. Né le autorità sudanesi né quelle libiche sono in grado di sapere se i migranti che lasciano il Sudan riescano a raggiungere la destinazione desiderata.

Infatti dopo aver lasciato il Sudan, il futuro dei migranti è incerto finendo nelle mani dei trafficanti sudanesi o libici o degli agenti di frontiera. Un migrante, dopo essere riuscito a raggiungere la Libia, ha raccontato che “gli agenti si divertono sulla pelle dei poveri, non temono affatto Dio… Tu paghi, poi ti derubano, o chiedono il doppio di quanto pattuito”.

Anche le Forze di supporto rapido (RSF, Rapid Support Forces) sono coinvolte in questo traffico di esseri umani poiché controllano un’ampia fascia del confine tra Sudan e Libia.

I sudanesi in fuga dal paese giungono prima nella città di confine di Kufra, luogo di nascita di Omar Mokhtar, figura leggendaria dell’anticolonialismo libico. Kufra rappresenta un primo punto di arrivo prima di un ulteriore trasferimento. La città di Kufra è emersa come simbolo della stabilità economica della regione proprio a grazie alle entrate derivanti dal contrabbando e dal traffico di esseri umani. La tratta degli schiavi a Kufra ha innalzato gli standard di vita della popolazione locale, nonostante la città sia nota per i campi di detenzione.

Dopo l’arrivo in Libia, i migranti pagano ingenti somme ai trafficanti e agli agenti della rete per facilitare la loro partenza verso i paesi europei attraverso il Mar Mediterraneo. Tuttavia, spesso diventano vittime degli stessi trafficanti di esseri umani, che li costringono a lavorare nelle loro terre o li trasformano in merce da affittare o vendere ad altri padroni o signori della guerra locali. Anche i capi delle diverse tribù nel sud della Libia sono coinvolti nel contrabbando e nel commercio di esseri umani, insieme alle milizie belligeranti legate alle reti internazionali di contrabbando che operano tra l’Africa e l’Europa.

Nell’aprile 2024, l’IOM ha denunciato l’esistenza di mercati di schiavi in Libia. Othman Belbeisi, capo della missione dell’IOM in Libia, aveva raccontato in passato la storia del traffico di esseri umani con le seguenti parole: “Si va al mercato dove si può pagare tra i 200 e i 500 dollari per prendere un immigrato e sfruttarlo per i propri affari”.

La tratta, la riduzione in schiavitù, il lavoro forzato, la detenzione, l’estorsione e il contrabbando di esseri umani hanno generato entrate significative per individui, gruppi e istituzioni statali.

L’intera questione dell’immigrazione e del movimento illegale con l’aiuto di intermediari tra la Libia e il Sudan si è trasformata in un orribile business dove persone che sognavano una nuova vita vengono sottoposte a fame, sete, violenze di vario genere e brutalità.

Molti migranti muoiono anche solo attraversando il rovente deserto della Libia diretti a Kufra o in altre destinazioni. A volte, dopo essere stati derubati dei loro beni vengono lasciati dagli intermediari e dagli agenti sotto il sole del deserto dove soccombono alla fame, alla sete e alle alte temperature.

Nel marzo 2024, i servizi di sicurezza di Kufra hanno annunciato il ritrovamento di quattro cadaveri carbonizzati nel deserto. Si presume si trattasse di sudanesi, morti nell’ incendio del fuoristrada su cui stavano viaggiando per raggiungere la Libia. Un caso simile si era verificato, nel mese di febbraio, quando i corpi di tredici sudanesi erano stati rinvenuti nel deserto al confine tra Sudan e Libia. Un membro dei Servizi anti-immigrazione illegale di Kufra ha riferito che i migranti erano in viaggio dal Sudan alla Libia quando la loro auto è andata in panne a causa della mancanza di carburante.

Noaima Khan (nome di fantasia), un’insegnante associata a diverse organizzazioni benefiche e per i diritti umani in una città della Libia, mi ha raccontato che i rifugiati provenienti dal Sudan, a centinaia, vengono portati in camion stracolmi e scaricati in vari luoghi per poi essere messi all’asta nei mercati cittadini di Kufra, Sabaah e Jufra. Racconta anche che gli immigrati che conoscono l’arabo sono molto richiesti e vengono venduti a prezzi molto redditizi per via della loro facilità di comunicazione e di adattamento all’ambiente di lavoro, che risulta più semplice rispetto alle persone che non parlano l’arabo. Ad esempio, il prezzo d’asta degli immigrati del Bangladesh e del Sudan è molto differente. A suo parere, la tendenza più preoccupante emersa negli ultimi anni è la richiesta di ingenti riscatti ai rifugiati, che non vengono liberati fino a quando non pagano l’importo ai loro rapitori o dopo che i loro genitori o benefattori hanno inviato quanto richiesto attraverso l’hawala o altri mezzi illegali; questi importi vanno da 5.000 a 10.000 dollari. A volte le famiglie in Sudan e nei Paesi circostanti non hanno altra scelta che vendere casa per ottenere il rilascio dei familiari.

I più fortunati sono coloro che hanno i soldi per pagare il riscatto, o che ricevono il denaro per il riscatto dalle famiglie. Mentre per coloro che non possono permetterselo, il destino è incerto e spesso drammatico: nella maggior parte dei casi vengono venduti come schiavi.

Un mercato simile ha luogo nell’oasi di Rabiana, che fa parte del distretto di Kufra nel sud-est della Libia. Qui molti immigrati sudanesi vengono catturati dai trafficanti di esseri umani e dai loro intermediari, che operano nelle zone di confine tra Libia e Sudan. I migranti vengono poi venduti a milizie armate e a proprietari di grandi aziende, per essere sfruttati come manodopera a basso costo.

Nel gennaio dello scorso anno, è stato arrestato in Sudan Zekarias Kidane Habtemariam, un famigerato trafficante di esseri umani di origine eritrea, tra i più ricercati al mondo. Gestiva una rete di traffico che aveva base in Libia ed era noto per la crudeltà nei confronti di coloro che cadevano nella sua rete. Era diventato uno dei principali trafficanti di esseri umani emersi sulla scia della crescente illegalità dopo la scomparsa di Gheddafi.

In un caso simile, la Direzione della sicurezza di Bengasi ha recentemente arrestato un cittadino del Bangladesh che era membro di una rete internazionale di traffico di esseri umani. Era coinvolto nel rapimento e nella tortura di lavoratori immigrati dal suo Paese e nella richiesta di un riscatto in denaro del valore di 12.000 dollari (60.000 dinari libici) dalle loro famiglie per liberarli.

Esistono alcune storie di successo con migranti sudanesi che riescono a raggiungere la loro destinazione in sicurezza grazie al passaparola tra migranti e con l’aiuto di amici già arrivati, ma si tratta di casi sporadici.

I signori della guerra e i trafficanti di esseri umani, su entrambi i lati del confine, hanno eretto diversi campi di detenzione dotati di una stretta sorveglianza, che si avvale di telecamere di tecnologia avanzata, al fine di impedire ad altri di raggiungere quei siti sensibili. Alcuni dei trafficanti più esperti, inoltre schierano veicoli blindati. In questi campi di detenzione i minori vengono separati dalle loro famiglie.

Proprio nel Sudan orientale, nella città di Al-Qadarif, si trova un campo di detenzione chiamato Umm Rakouba che, secondo quanto riferito, ha concentrato molti rifugiati in fuga dall’ultima guerra civile etiope, inviandoli successivamente in Libia in cambio di una grossa somma di denaro. Nelle zone del Sudan orientale sta infatti fiorendo una fitta rete di trafficanti di esseri umani e relativi intermediari.

Nello stato di Kassala, sempre nel Sudan orientale, è stata recentemente smantellata una rete di contrabbandieri e trafficanti di esseri umani che inviava un gran numero di immigrati in Libia con la promessa di farli poi proseguire verso l’Europa, ma nel frattempo li deteneva o li vendeva sul mercato come schiavi o miliziani.

A volte coloro che sono trattenuti nei centri di detenzione sono affetti da varie malattie. Solo il mese scorso è stato dichiarato lo stato di emergenza in molti dei centri di asilo di Kufra a causa del vasto numero di sudanesi che soffrono di malattie potenzialmente letali come l’AIDS, la tubercolosi, l’epatite virale e varie malattie della pelle. Tra i rifugiati detenuti o ospitati sono state identificate centinaia di infezioni da malattie contagiose.

In una riunione del Comitato nazionale per la lotta alla tratta di esseri umani, il sottosegretario del Ministero della Giustizia libico, Ali Awad Al-Karim, ha parlato dell’aumento del traffico di esseri umani tra Sudan e Libia ed è stato anche riferito che il ritmo del traffico è aumentato da quando è scoppiata la nuova ondata di violenze in Sudan lo scorso anno. Durante l’incontro, è emerso che i trafficanti di entrambe le parti stanno adottando metodi sempre più sofisticati e brutali per eludere i controlli delle autorità di frontiera.

Si può concludere che il business del traffico di esseri umani è il risultato di una lunga fase di illegalità che la regione sta attraversando. Secondo i dati di monitoraggio degli sfollati di IOM/Libia, pubblicati nel febbraio di quest’anno, c’erano 125.327 immigrati dal Sudan in Libia, la metà dei quali nella città di Kufra. Questo enorme numero è il risultato del caos politico che ha travolto il Sudan in seguito alla cacciata di Omar Al-Bashir. Nessun meccanismo può aiutare a contenere questo business – illegale ma fiorente – fino a quando non sarà istituita un’autorità centralizzata sia in Sudan che in Libia, il che, data la situazione attuale, sembra essere un miraggio. Il traffico di esseri umani sembra aver preso la forma di una fruttuosa economia di guerra in cui ogni attore, dal più piccolo al più grande, ha ritagliato un proprio ruolo e sviluppato un profondo interesse. Solo l’instaurazione di un governo stabile potrà smantellare queste reti che sono diventate parte dell’economia di guerra.