Come affrontare la migrazione climatica e gli sfollamenti interni in India
Sumitra Sahani ha avuto una settimana impegnativa a fine marzo. Per diversi giorni ha lavorato intensamente in cucina, preparando e confezionando con cura contenitori con gamberi e sottaceti al limone, oltre a pesce essiccato. Queste provviste erano parte del bagaglio che suo figlio di 18 anni, Sudarshan, avrebbe portato con sé su un autobus pochi giorni dopo, per tornare al lavoro dopo un mese di ferie. Nei due giorni successivi, l’autobus ha percorso 2.000 km, da Bagapatia, il villaggio dei Sahani nel distretto di Kendrapara in Odisha, fino al distretto di Ernakulam in Kerala, tracciando un lungo arco tra la costa orientale e quella occidentale dell’India.
L’ultima fermata era la città di Perumbavoor, a 15 km dall’aeroporto internazionale di Cochin, dove Sudarshan lavora in una fabbrica di compensato. Sua madre aveva preparato quelle provviste temendo che al figlio potesse mancare il tipo di cibo a cui è abituato. “In Odisha cuciniamo con l’olio di senape, ma in Kerala usano l’olio di cocco, a cui non siamo abituati”, ci dice. Il cibo può non essergli familiare, ma in Kerala Sudarshan è circondato da volti familiari: anche suo fratello maggiore, suo padre e suo zio lavorano in varie fabbriche a Perumbavoor. Lo stesso fanno molti altri lavoratori provenienti da Bagapatia. In effetti, il traffico tra Bagapatia e Perumbavoor è così intenso da rendere redditizie due corse dell’autobus a settimana.
Un complesso insieme di fattori, che ruotano attorno al cambiamento climatico e ai cicloni, ha costretto gli abitanti di Bagapatia a cercare fortuna lontano dalle loro case, verso luoghi di lavoro a migliaia di chilometri di distanza.
La famiglia Sahani viveva originariamente in un villaggio chiamato Satbhaya, sulla costa del Golfo del Bengala, a circa 12 km da Bagapatia. Ma sin dal 1960 il villaggio ha dovuto affrontare le gravi minacce causate dell’erosione costiera. (Rathore, 2023)
L’episodio di vita reale sopra descritto è tratto dall’articolo di Vaishnavi Rathore intitolato “From Odisha to Kerala, a Bus of Climate Migrants” (Dall’Odisha al Kerala, un autobus di migranti climatici) del 10 maggio 2023. Secondo il World Development Report 2023 della Banca Mondiale, circa il 2,3% della popolazione mondiale, pari a circa 184 milioni di persone, è emigrato all’estero, per lo più in paesi a basso e medio reddito. In questo contesto le migrazioni interne e/o gli sfollamenti dovuti ai grandi cambiamenti climatici sono causa di enormi difficoltà per la popolazione e i governi di tutto il mondo.
Al giorno d’oggi, la migrazione climatica è di fatto diventata una realtà. La coesistenza di diversi fattori, che ora comprendono gravi calamità ambientali e climatiche, i cambiamenti nei modelli di agricoltura e la scarsità d’acqua, sono tra le principali ragioni delle migrazioni forzate interne.
Bisogna, inoltre, sottolineare di come questo processo sottoponga intere masse di migranti indifesi ad affrontare altre vulnerabilità di natura economica e sociale nelle loro regioni di destinazione.
L’India sta assistendo a un improvviso aumento della mobilità umana per effetto di due diversi fattori. Una causa immediata sono le inondazioni e i cicloni ricorrenti nelle zone costiere, mentre una causa più lenta e progressiva è rappresentata dalla siccità, che colpisce le regioni interne. Diversi stati indiani come il Maharashtra, l’Uttar Pradesh, il Bengala Occidentale e il Bihar stanno affrontando eventi meteorologici devastanti, con il conseguente aumento dei casi di tratta da tutte le regioni, in particolare per le comunità di migranti più vulnerabili.
The Hindu, noto quotidiano indiano, ha pubblicato uno studio finanziato dal Foreign, Commonwealth and Development Office (FCDO) del governo britannico (Barik, 2022), nel quale si afferma che la migrazione di massa tra le aree costiere dell’ Odisha e il distretto di Palamu nel Jharkhand è causata dai gravi eventi climatici: «Gli estremi climatici nella costa dell’Odisha sono prevalentemente eventi a rapida insorgenza come cicloni, inondazioni e mareggiate. Il Jharkhand invece è colpito principalmente dalla siccità, che è in genere un evento a lenta insorgenza. I risultati del nostro studio, sia in contesti a insorgenza rapida che lenta, mostrano che i meccanismi di protezione sociale non sono stati in grado di assorbire gli shock climatici o di proteggere in modo efficace tutte le famiglie in stato di necessità», afferma la ricerca intitolata “Climate change, migration and vulnerability to trafficking” (Cambiamento climatico, migrazione e vulnerabilità al traffico di esseri umani). Questi migranti divengono particolarmente vulnerabili nella regione di destinazione, dove la stabilità sociale ed economica è quasi nulla. Il cambiamento climatico e l’innalzamento del livello del mare non solo hanno un impatto e influenzano la mobilità umana, ma rappresentano anche una minaccia per il mondo animale, in particolare per le specie in via di estinzione come le tigri reali del Bengala, che vengono allevate in sicurezza nella regione delle Sundarbans. L’articolo di Saumya Ancheri per CNTraveller (febbraio 2019) riporta: «Il cambiamento climatico spazzerà via le Sundarbans in 50 anni», citando uno studio condotto dagli scienziati della James Cook University, in Australia, che sostiene che «l’ultima roccaforte costiera della tigre del Bengala, un predatore iconico ora in via di estinzione, potrebbe essere distrutta dal cambiamento climatico e dall’innalzamento del livello del mare nei prossimi 50 anni».
L’Internal Displacement Monitoring Centre (Centro di monitoraggio per gli sfollamenti interni) afferma che all’interno del paese vi siano circa 2,5 milioni di sfollati per vari motivi, tra cui quelli sopra descritti. Tuttavia, in questo caso i disastri naturali e il cambiamento climatico sono considerati tra i principali stimoli a migrare. Anche altre improvvise e gravi circostanze, come la pandemia di COVID-19, hanno provocato sfollamenti forzati in India, dove il famoso caso dei lavoratori migranti sfollati e bloccati in massa attirò a suo tempo l’attenzione del mondo intero.
Gli sfollati interni sono generalmente considerati degli “outsider problematici” e le comunità migranti restano marginalizzate all’interno del proprio paese. Una nazione democratica, multiculturale e multilinguistica come l’India ospita una popolazione molto diversificata. Pertanto, è evidente che i migranti si trovano ad affrontare molteplici sfide quando lasciano il loro stato d’origine per un altro, molto differente. Questi problemi possono derivare semplicemente da questioni di gerarchia socioeconomica oppure di gerarchia sociale, religiosa e culturale, a seconda di quale sia la comunità maggioritaria e minoritaria, il che incide sulle loro possibilità di procurarsi un lavoro migliore e stabile, strutture abitative e forme di sicurezza sociale.
La situazione richiede che l’India affronti la sfida posta dalle migrazioni interne derivanti dai cambiamenti climatici e la consideri una questione cruciale, che reclama un’attenzione urgente.
Prima dovrebbero essere identificate le cause di vulnerabilità e le insicurezze sociali ed economiche affrontate dai migranti marginalizzati. Poi dovrebbe essere avviata la formazione per l’uguaglianza di genere e la consapevolezza sociale, incoraggiando lo sviluppo delle capacità attraverso il coinvolgimento delle comunità e l’attuazione di politiche inclusive. Questi primi passi potrebbero facilitare e rafforzare la posizione del nostro paese sulla gestione della migrazione forzata interna dovuta al cambiamento climatico, garantendo al contempo una transizione graduale all’interno del paese stesso.
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Foto Credits: Photo by Anil Gulati, CC BY-NC-ND 2.0 DEED Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic – Attraverso Flickr