Il dominio dei talebani e il ritorno all’oscurantismo per le donne afgane
A seguito del ritorno del controllo dei talebani sui territori afgani, le donne temono di ritornare a vivere i giorni orribili dell’Afghanistan, dopo i due decenni di aperture di cui hanno goduto. I terribili ricordi dell’era dominata dai talebani, quando era persino vietato loro di sbirciare fuori dalle mura domestiche, continuano a perseguitarle. Molte portano ancora con sé il ricordo dei luoghi spaventosi in cui le donne venivano lapidate a morte per il solo fatto di essere state viste in strada insieme a uno straniero. Erano i giorni in cui le donne dovevano nascondere i libri sotto i larghi veli, perché agli occhi dei talebani le donne non sono degne di leggere o scrivere. Anche a rischio di soccombere a una malattia, non avrebbero osato recarsi dal medico se non accompagnate da un’altra donna. Anche il solo uso dello smalto per unghie o del rossetto poteva giustificare dolorose pene corporali.
Nessuna donna afgana vuole ricordare quei cinque anni (dal 1996 al 2001) di tirannia talebana durante i quali, in nome dell’affermazione della Sharia e della conservazione di millenari costumi tribali, fu sradicato il passato ordine sociale degli anni 60 e 70, quando le donne godevano di tutte le libertà proprie di una società civilizzata. Non erano prigioniere murate, ma le si poteva incontrare nelle università, sui campi sportivi, nei cinema, nei negozi e negli ospedali. Potevano indossare abiti occidentali insieme ai loro compagni maschi alla luce del giorno. Rada Akbar, una femminista afgana, ricorda che il suo paese ha una lunga storia di libertà e autonomia, quando le donne erano considerate sia regine che combattenti.
Tuttavia, il processo di regressione e sottomissione della donna era iniziato già durante la guerra sovietica (1979-1989), quando i mujahedeen (gruppo militare legato all’islam politico radicale) prima combatterono le forze d’occupazione sovietiche e poi si rivolsero contro le donne locali, come fossero avversari immaginari. Già nel corso della guerra contro i sovietici, i mujahedeen avevano promesso di liberare l’Afghanistan da qualunque influenza esterna e di stabilire un emirato islamico, il che effettivamente avvenne quando i talebani conquistarono Kabul nel 1996 dopo una lunga battaglia contro le numerose fazioni islamiste.
Può darsi che molte donne afgane abbiano celebrato gli attentati dell’11 settembre a seguito dei quali le forze statunitensi arrivarono nel paese, imbarbarito dal regime talebano, liberandole da ogni sorta di atrocità, immaginabili e inimmaginabili. Nei mesi appena trascorsi, quelle stesse donne si sono opposte al ritiro degli Stati Uniti perché la loro presenza ha aperto loro un nuovo mondo. Oggi, che il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan è compiuto, lasciando obiettivi non raggiunti e aprendo la porta al ritorno dei talebani o di Al-Qaeda in Afghanistan, le donne afgane sono ancor più preoccupate per il proprio futuro e per quello della prossima generazione di donne, perché hanno sopportato il peso reale di cinque anni di dominio talebano. Yari, una donna già sposata con il figlio di un comandante talebano contro la sua volontà, era fuggita negli Stati Uniti e ne era ritornata con un Master per lavorare nell’ amministrazione pubblica; ora teme di perdere tutto ciò che ha conquistato con i talebani tornati al potere. Un’altra donna manifesta il suo dolore di lasciare il paese per il Pakistan al fine di tutelare l’istruzione di sua figlia, visto che i talebani avevano proibito l’educazione delle ragazze durante il loro dominio.
L’attuale controllo talebano potrebbe far arretrare il paese alle condizioni degli anni 90 e le donne hanno da subito avvertito il rischio di essere cacciate dalle scuole ed essere costrette a diventare prigioniere nelle loro stesse case.
Azimi, una donna originaria della città rurale di Ghor, ricorda i terribili giorni della dominazione talebana, durante la quale molte delle sue amiche furono lapidate a morte, e descrive come i talebani applicassero leggi primordiali, seguendo un’interpretazione restrittiva del Corano che prevedeva frustate, nerbate e lapidazioni. Aggiunge inoltre che le donne afgane furono liberate solo dopo l’arrivo delle forze statunitensi che estromisero i talebani, lasciando emergere diversi gruppi della società civile che hanno lavorato per garantire i diritti delle donne.
Fauzia Koofi, la prima donna vice presidente del Parlamento e ardente voce anti talebana nel paese, già sfuggita a molti tentativi di assassinio, ha detto che dopo essere state per decenni vittime della guerra degli uomini, ora le donne afgane diverrebbero vittime della pace portata da un accordo USA-talebani. Aggiunge che gli Stati Uniti e i loro alleati avrebbero potuto forse riportare una vittoria militare contro i talebani, ma ciò non avrebbe sconfitto la mentalità primitiva e la misoginia tribale. Koofi afferma che l’attuale trasformazione tra le donne è il risultato del loro sangue e delle loro lacrime.
Nel periodo dei negoziati di Doha tra talebani e governo di Kabul, iniziati nel settembre 2020, il timore delle donne era che qualsiasi dialogo dominato dagli uomini con i talebani potesse erodere lo spirito della trasformazione rivoluzionaria che il paese ha vissuto. L’inclusione di quattro donne nella delegazione di diciassette membri che ha partecipato ai negoziati con i talebani non era altro che il frutto delle lotte passate. Una partecipante ai negoziati ha dichiarato che “siamo qui per dire ai talebani che devono affrontare e rispettare un nuovo Afghanistan” e ha aggiunto che ogni volta che c’è stato un cambiamento politico in Afghanistan, sono state le donne ad averne sofferto. Una donna membro del Parlamento ha detto che l’accordo di pace degli Stati Uniti con i talebani di fatto si sarebbe tradotto in una rinuncia alle conquiste fatte dalle donne dal 2001. La signora Pakzad, 48 anni, inclusa dal Times Magazine nella lista delle donne più potenti del mondo nel 2009, ha dichiarato che la pace era forse buona per mettere a tacere la voce delle armi, ma temeva che un cattivo accordo potesse mettere a tacere tutte le voci.
La vera preoccupazione e paura delle donne afgane non è solo l’avvento dei talebani, ma anche la perdita delle conquiste fatte negli ultimi due decenni. Dopo il 2001, l’accesso all’istruzione si è ampliato orizzontalmente e l’alfabetizzazione tra ragazze e ragazzi si è decuplicata. Nell’arco degli ultimi due decenni le iscrizioni alle scuole sono cresciute da 900.000 a 9,5 milioni tra i giovani e il 39% è rappresentato da donne. Fino a ieri circa 25.000 donne frequentavano scuole e università private e milioni frequentavano le scuole pubbliche. Secondo un rapporto dell’UNICEF, circa il 22,2% delle ragazze di età compresa tra i 15 e i 24 anni è in grado di leggere e scrivere. Negli ultimi due decenni un’intera generazione di donne ha colto l’opportunità di ricevere un’istruzione, cosa neppure immaginabile sotto il dominio talebano. Oggi le donne sono in diplomazia, in politica, nei media, nello sport, nel settore IT, nei vari settori della medicina, in magistratura e possiedono circa 60.000 imprese, per lo più a Kabul, che molte stanno perdendo o sanno che perderanno con i talebani al potere. Sono state approvate molte leggi per contrastare la violenza contro le donne, la più importante delle quali è la Legge sulla lotta alla violenza contro le donne. Ieri uomini e donne potevano essere visti seduti a conversare nei bar o a passeggiare per le strade. Oggi le donne che hanno combattuto senza sosta contro ogni sorta di discriminazione e sanno di avere molti altri obiettivi da raggiungere vivono nell’angoscia.
Fino a ieri le donne occupavano il 27% dei seggi in Parlamento e costituivano il 20% della forza lavoro nazionale, il che è un passo inimmaginabile in una società in cui le strade sono note per essere dominate dagli uomini, mentre per le donne l’unico contatto con il mondo esterno avviene attraverso il cielo e le stelle. Negli ultimi due decenni le donne non solo hanno ricevuto un’istruzione, ma sono anche entrate nel mondo del cinema e della recitazione. Haseba, un’attrice televisiva, ricorda ancora come in passato venisse molestata e minacciata dai passanti ogni volta che usciva di casa. Saba Saher, un’altra attrice, racconta una storia simile su come sia sfuggita a un tentato omicidio durante un attacco in cui il suo autista rimase ucciso. Durante il lockdown per il COVID-19 la didattica per le donne è continuata, nonostante la riluttanza dei genitori più conservatori a fornire uno smartphone ai propri figli, temendo che potessero abusarne durante le lezioni online. Shehla ha avviato in segreto una scuola nel suo giardino, invitando i suoi studenti a nascondere il libro d’inglese sotto la copertina di un libro arabo per sottrarlo alla vista dei loro genitori.
Le donne afghane non solo sono preoccupate della violazione dei loro diritti sotto i talebani, ma temono anche di subire stupri e molestie sessuali in caso di inasprimento dei conflitti tra i diversi gruppi etnici. Donne ormai logorate dai talebani e assolutamente non disposte a perdere la loro libertà, hanno preso le armi nella città di Ghor per difendersi e resistere al loro assalto Le donne non vogliono tornare all’oscurantismo e stanno combattendo per preservare la loro identità. Rehana Azad, una donna membro del parlamento, ricorda ancora come venisse intimidita e molestata dai suoi colleghi maschi per il solo fatto di essere divorziata e ora teme per il suo futuro sotto i talebani.
Stanno già arrivando notizie di scuole chiuse e della distribuzione di opuscoli sul codice di abbigliamento nel Paese sotto il controllo dei talebani. La scomparsa delle donne dalla sfera pubblica è già tangibile. Molte delle palestre e dei centri yoga sono stati chiusi ed è vietato scattare foto, considerato un atto esecrabile secondo la legge islamica. Recentemente è diventato virale un video che mostra una donna picchiata per aver commesso adulterio nell’area controllata dai talebani. Tre giornaliste afgane sono state uccise a colpi d’arma da fuoco già nel marzo 2021 e due donne giudici della Corte Suprema sono state uccise a Kabul, e gli attacchi si sono intensificati da quando il governo ha avviato i negoziati nel settembre 2020.
Vari legislatori statunitensi si erano dichiarati preoccupati che un ritiro rapido potesse portare alla riduzione dei diritti delle donne e hanno espresso il timore che i talebani non avrebbero condiviso lo spazio socio-politico con le donne. In ultima analisi le donne afgane sono preoccupate di perdere lo spazio che si sono ritagliate al costo di lunghe lotte, spazio che i talebani usurperebbero, visto che sono noti per la negazione dei diritti delle donne. In un passato non così lontano, in un dibattito sulla piattaforma audio social “clubhouse”, i leader talebani hanno dichiarato molto esplicitamente che non credono nella democrazia e che le donne otterrebbero soltanto le libertà prescritte dall’Islam e consentite dalle usanze tribali afgane.
Le donne sono molto preoccupate per il destino delle istituzioni democratiche, che garantiscono loro le libertà fondamentali ottenute negli ultimi due decenni, e si chiedono se sopravvivrebbero sotto i talebani, che perseguono un emirato islamico da gestire secondo i dettami coranici. Il destino delle donne afgane è incerto: è molto probabile che molte delle leggi a favore delle donne approvate in passato siano cancellate dal governo talebano. Numerose donne hanno deciso di ritirarsi dai social media temendo una reazione negativa da parte dei talebani e preferiscono l’isolamento alla violenza e al caos. La paura di un Afghanistan a guida talebana era già palpabile, nonostante le ripetute promesse da parte loro di concedere alle ragazze il diritto di scegliere il marito; ciò che ha da subito preoccupato molte attiviste è la vaghezza del loro disegno di libertà che, secondo loro, si ispirerebbe comunque alla Sharia e alle usanze sociali tribali afgane.