La transizione maschile in Marocco
Nonostante il successo dell’azione femminista in Marocco e l’istituzionalizzazione dell’approccio di genere, la lotta per l’uguaglianza di genere non ha ancora prodotto una critica sincera dell’egemonia maschile. Il femminismo di stato e quello associativo sono rimasti concentrati sulle vittime del patriarcato, in questo caso le donne, trascurando però gli uomini, che ancora detengono i poteri e i privilegi dal patriarcato. È perciò legittimo chiedersi in che misura gli uomini siano disposti a cambiare, e in che modo le leggi e le politiche pubbliche in Marocco possano contribuire a questo cambiamento.
Alcuni indicatori del cambiamento maschile
Uno dei primi studi incentrati specificamente sul concetto di virilità in Marocco è stato condotto quattro anni prima dell’attuazione del “Codice di famiglia” del 2004 (A. Dialmy: Identità maschile e salute riproduttiva in Marocco, LCPS/MERC, dicembre 1999-settembre 2000; pubblicato con il titolo “Vers Une Nouvelle masculinité au Maroc, Dakar, CODESRIA, 2009. Questo studio è stato l’unico lavoro sulla mentalità maschile in Marocco fino al 2017). Lo studio ha rilevato la presenza di padri marocchini che riconoscono il diritto delle loro figlie a una vita sessuale prima del matrimonio e, nello stesso senso, quella di uomini che non danno alcuna importanza alla verginità delle loro mogli. Pertanto, un terzo degli uomini riconosce il diritto delle ragazze all’uso dei contraccettivi e il 29% il loro diritto all’aborto per evitare lo stigma e l’esclusione sociale in quanto madri single. Nel matrimonio, il 42% degli uomini afferma che il compito della contraccezione non è di esclusiva responsabilità della moglie e che anche i mariti dovrebbero farsene carico, grazie al preservativo e al coito interrotto. Alcuni di questi uomini lo considerano un modo di aiutare la moglie, altri ritengono doveroso condividere la responsabilità della contraccezione. Alcuni trovano anche normale che in casa si condividano i compiti domestici ed educativi.
Inoltre, il 15% degli uomini opera una distinzione tra mascolinità e tutela matrimoniale, rinunciando a esercitare il diritto (islamico) di rappresentare la giovane quando viene stipulato il contratto di matrimonio. In altre parole, i maschi tendono a non controllare più il mercato del matrimonio. Questi uomini non avvertono più il diritto e la libertà delle ragazze di scegliere il proprio coniuge come una minaccia alla loro virilità. Una percentuale ancor più significativa (42%) dichiara di rinunciare alla poligamia. Per questi uomini, il vero uomo è monogamo. Un altro diritto “concesso” è quello di ripudiare. In effetti, questo diritto dà agli uomini il potere di dire alla moglie “sei ripudiata” e, semplicemente pronunciando queste parole, il ripudio diviene immediatamente efficace, de jure e de facto. In altre parole, il 43% degli intervistati ritiene che in ogni caso lo scioglimento del matrimonio debba essere deciso da un tribunale.
A poco a poco, una minoranza di uomini marocchini considera sempre meno la violenza sulle donne come una prova di virilità e mascolinità. Anzi, la condannano. L’uomo violento nei confronti delle donne è definito un chmata, che è un insulto, per indicare un falso uomo, un uomo di seconda classe.
Ma qual è la situazione a livello legislativo?
Il contrasto al patriarcato nel diritto e nelle politiche pubbliche
Nel 2001 è stata adottata la prima strategia nazionale per contrastare la violenza sulle donne. Nel 2002, le madri hanno acquisito il diritto di registrare le nascite ed è stata introdotta una quota riservata alle donne in parlamento. Nel 2004, alcune donne sono state nominate al “Consiglio Superiore degli Oulema“. Nel 2006, è stata adottata la strategia per l’uguaglianza di genere, integrando l’approccio di genere nelle politiche e negli indirizzi di sviluppo. Nel 2007, per la prima volta, sette donne sono state nominate nel governo. Nello stesso anno, una donna ha ottenuto il diritto di trasmettere la sua nazionalità al figlio avuto da un coniuge straniero. Infine, nel 2018, è stata promulgata una legge specifica contro la violenza sulle donne, legge che (tra l’altro) criminalizza per la prima volta le molestie sessuali per strada.
Tuttavia, è a livello familiare che l’attacco all’egemonia maschile, costruita sulla base delle interpretazioni dominanti del diritto di famiglia musulmano, ha raggiunto il suo livello più alto. Infatti, il “Codice di famiglia” si apre ponendo il nucleo familiare sotto la responsabilità congiunta di entrambi i coniugi. Di qui l’eliminazione di due termini che hanno minato la dignità delle donne. I termini ta’a (obbedienza della moglie al marito) e nikah (coito del marito con la moglie) sono stati cancellati. Tra le altre conquiste femministe, la donna non ha più bisogno di un tutore matrimoniale per sposarsi. Inoltre, sebbene il diritto del marito alla poligamia non sia stato abolito, è comunque soggetto a condizioni che ne rendono difficile l’ottenimento. Il marito ora ha bisogno del permesso del giudice per prendere una seconda moglie e, in tal caso, la prima moglie ha diritto di ottenere il divorzio. Allo stesso modo, il ripudio verbale ora è considerato illegale. La moglie non può essere più ripudiata con la mera pronuncia dell’espressione “sei ripudiata” da parte del marito, che ora deve andare in tribunale per confermare l’atto. Il marito perde anche il diritto di riprendersi la moglie senza il suo consenso durante il cosiddetto “periodo di vuoto”, che si riferisce ai tre cicli mestruali successivi al ripudio, a riprova che la donna non sia in stato di gravidanza. Per quanto riguarda il divorzio, le condizioni alle quali una donna può farne richiesta diventano molto flessibili: anche una semplice incompatibilità di carattere può consentire a una donna di ottenerlo. Tuttavia, il Codice di famiglia afferma che una richiesta di divorzio avanzata dalla moglie per mancanza di sostentamento da parte del marito può essere respinta, se è dimostrato che la moglie dispone di mezzi sufficienti per provvedere alle esigenze della famiglia e che il marito è privo di risorse. Un altro diritto ottenuto dalle donne single a beneficio dei padri è quello del riconoscimento, da parte del padre biologico, di riconoscere il figlio concepito fuori dal matrimonio.
L’insieme di queste disposizioni giuridiche mostra la volontà del femminismo (legislativo) di stato (sotto la pressione di un femminismo associativo illuminato) di definire una nuova figura di marito, di padre e di uomo, spogliato dei suoi privilegi ancestrali, ottenuti semplicemente perché “è nato maschio e gli è stato poi assegnato lo status privilegiato di uomo”.
Nonostante questi progressi in campo legislativo, restano ancora grossi ostacoli e forti resistenze.
Resistenza maschile all’uguaglianza di genere
La Costituzione del 2011 è la prima causa di resistenza, dal momento che afferma che l’uguaglianza di genere è riconosciuta in tutte le aree se, e solo se, non contraddice le costanti e le leggi del regno. Questa disposizione implica che alcune leggi islamiche, non paritarie, restano tuttora in vigore. Per questo motivo, il Marocco non ha ancora tolto le sue riserve nei confronti della Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (CEDAW), nonostante l’abbia adottata nel 1993.
Più in generale, il Marocco manca di misure indirizzate al recupero della parità di genere nelle quattro aree/indicatori adottati per stilare una classifica: partecipazione e opportunità economiche, livello di istruzione, partecipazione politica e salute. Questo comporta che il Marocco si classifichi al 133° posto su un totale di 135 paesi nella classifica del Global Gender Gap Index, stilata dal World Economic Forum (WEF, 2014). Di conseguenza, il “punteggio di equità maschile in Marocco” rimane basso secondo la scala conosciuta come Gender Equitable Men Scale (GEM). Il punteggio può variare da 0 (rifiuto totale dell’uguaglianza) a 3 punti (accettazione totale dell’uguaglianza). Nel caso del Marocco è di soli 1,2 punti per gli uomini e di 1,7 punti per le donne*. Pur indicando in generale una fiducia molto scarsa nel conseguimento dell’uguaglianza, questi punteggi rivelano che le donne sono relativamente più inclini a raggiungerla. Secondo il World Economic Forum (WEF, 2019), il Marocco si colloca al 143° posto su 149 paesi. Si stima che raggiungerà la parità di genere nel 2119.
Ciò deriva dalla scarsa capacità delle politiche pubbliche di creare le condizioni fondamentali per la parità di genere, cioè di coinvolgere ragazzi e uomini nella lotta alla violenza di genere e nell’emancipazione delle donne. È quindi normale che in Marocco la comparsa di una mentalità egualitaria tra i maschi riguardi solo una minoranza nascente e resti una tendenza ancora marginale. In effetti, la maggior parte degli uomini si sente minacciata dall’ “ascesa” delle donne e quindi tende ad aggrapparsi a una rozza virilità. L’elevata disoccupazione giovanile, unita al crescente indebolimento della capacità di mantenimento maschile, fa sì che gli uomini stiano perdendo il fondamento economico del loro potere patriarcale sistemico. Di fronte a questa perdita, gli uomini “ordinari” (lambda men) cercano dei rifugi compensativi.
L’Islam rappresenta il primo rifugio di un diffuso atteggiamento maschilista in Marocco: gli uomini si rivolgono all’Islam e utilizzano il significato letterale di alcuni dei suoi testi fondanti come giustificazione ultima e indiscutibile della loro superiorità e del loro predominio. Ciò è particolarmente vero per le masse analfabete e vulnerabili di uomini che sono i più sensibili al richiamo di questi testi, diffusi da alcuni giureconsulti islamici (foqaha). Queste masse non sono granché sensibili al femminismo islamico che, nonostante i suoi sforzi interpretativi, lotta per integrare l’uguaglianza di genere nel credo islamico.
Le molestie sessuali nelle strade sono il secondo rifugio della mentalità maschile marocchina. Nello spazio pubblico, che per gli uomini è uno spazio tradizionalmente loro riservato, le molestie di strada servono a riaffermare la loro condizione di maschi in contrasto alla presenza femminile. La sfida è quindi riportare la donna all’ordine (patriarcale), e comunicarle che, in questo spazio, lei è prima di tutto una femmina, un inquietante corpo da velare. La donna viene quindi oggettivata, mentre l’uomo si erige come unico attore di potere e libertà (di circolare nello spazio pubblico). “Rivendico la proprietà dello spazio pubblico e regno su di esso, quindi sono un uomo”, è il pensiero di base del maschio che si sente costretto a difendersi attraverso l’uso della violenza sessuale. E della violenza in generale: nel 2010, il 64% delle donne ha subito abusi e nel 2018 sono state il 54% (secondo i sondaggi ufficiali).
Gli afrodisiaci sono il terzo tipo di rifugio del maschio marocchino. Il loro consumo da parte dei giovani consente agli uomini di avere un’attività sessuale intensa e potente a compensazione della loro impotenza economica. Questi giovani vogliono controllare le donne attraverso il piacere sessuale che danno loro, quindi erigono il loro pene come strumento di dominazione piuttosto che di piacere, o anche come prova della loro esistenza. Altri uomini sono grati al Viagra perché permette loro di ritrovare il loro potere, la loro “makhzania” che in Marocco identifica il potere supremo e assoluto.
Cosa possiamo concludere da questi dati e da questa analisi?
Pietre miliari di una politica pubblica egualitaria
Si può concludere che l’uomo marocchino è in fase di transizione, in bilico tra il desiderio di mantenere la sua supremazia nell’ambito di un vacillante sistema patriarcale e l’ambiguo imperativo statale di mettere in discussione la definizione patriarcale di mascolinità. Questa scissione del concetto di mascolinità fa sì che gli uomini non possano rimanere puramente fedeli al patriarcato né diventare completamente egualitari. Si tratta di un processo di transizione che esprime un’immagine di virilità in crisi, che vaga senza una meta precisa. Per lavorare alla realizzazione della transizione maschile, dovrebbero essere prese in considerazione le seguenti raccomandazioni, dirette alle politiche pubbliche in favore delle donne e alle attività associative.
In primo luogo, bisogna diagnosticare rigorosamente (sulla base di studi mirati) la predisposizione degli uomini marocchini al cambiamento, misurando con precisione gli indicatori della loro resistenza alla parità di genere. Definire il campo degli studi sulla mascolinità attraverso un’azione di ricerca è condizione primaria per definire politiche pubbliche adeguate, che favoriscano un atteggiamento maschile più egualitario.
In secondo luogo, bisogna fornire istruzione e formazione sulla mascolinità e sulla femminilità nelle scuole, nelle università e tra gli assistenti sociali. Più in generale, è necessario produrre e distribuire documenti scritti e audiovisivi mirati a cambiare le prospettive sociali sulla mascolinità e sulla femminilità.
In terzo luogo, la parità va raggiunta nello spazio domestico: se il femminismo marocchino deve rivendicare strategicamente l’esternalizzazione del lavoro domestico e dei compiti educativi al fine di liberare le donne dalla “cucina”, si deve per il momento lavorare a una partecipazione degli uomini a tutte le attività dello spazio domestico. Pertanto, lo stato dovrebbe, e deve, offrire gli stessi incentivi agli uomini e alle donne per condividere il lavoro domestico. Conciliare vita familiare e vita professionale è una sfida che deve essere presa in carico anche dagli uomini. Si tratta di de-femminilizzare questa sfida e, questo scopo, bisogna arrivare a una rivoluzione nelle norme di genere.
Insomma, gli interessi in gioco nella critica alla virilità marocchina ruotano intorno a tre azioni principali: un atto di conoscenza, che descriva la mascolinità come storia sociale, un atto di militanza, che combatta l’egemonia maschile, e un atto educativo, per una socializzazione della parità di genere che porti al seguente credo: “Credo nell’uguaglianza di genere, quindi sono un uomo”.
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Foto Credits: AG Gilmore: Family Outing – Essaouira, Morocco. Attribution-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-ND 2.0) attraverso Flickr