In America Latina, il percorso verso un futuro verde passa attraverso l’”ecosviluppo”, inteso come approccio allo sviluppo economico attento alle specificità ecologiche e culturali regionali e ai differenti contesti locali, al fine di esprimere al meglio il potenziale delle differenti aree, rispettando l’unicità delle popolazioni, delle caratteristiche geografiche e delle risorse. L’ecosviluppo assicura un uso più razionale delle risorse locali, delle tecnologie più appropriate per ciascuna regione e la promozione dell’autosufficienza e dovrebbe avvenire all’interno di unità territoriali ecologicamente definite, spesso definite “bioregioni”.
La foresta pluviale amazzonica brasiliana costituisce circa un terzo delle foreste pluviali mondiali, si estende per circa 2,3 milioni di miglia quadrate e genera il 20% dell’ossigeno disponibile sulla Terra. Il suo corso d’acqua principale, il Rio delle Amazzoni, contiene un volume d’acqua pari al 20% di tutti i fiumi del pianeta. Si ritiene che sia la bioregione ecologicamente più diversificata del mondo, con più di 56000 specie di piante e migliaia di specie di uccelli, anfibi, mammiferi e rettili. La sua vegetazione produce rimedi naturali per alcune delle peggiori malattie che affliggono l’umanità.
Questa bioregione è perciò una risorsa preziosa tanto per il Brasile quanto per il pianeta. Eppure, negli ultimi trent’anni, le aziende private e il governo brasiliano hanno sfruttato la regione a scopo di lucro a breve termine (principalmente attraverso la vendita della carne bovina prodotta con l’allevamento del bestiame, del legname proveniente dal disboscamento e, più recentemente, della soia), minacciando al contempo la sua sopravvivenza nel lungo periodo. Dal 1978, circa 232 000 miglia quadrate di foresta amazzonica sono andate distrutte. Si tratta perciò di un eccellente caso di studio che dimostra l’importanza della promozione di bioregioni sostenibili.
Varie forze sono responsabili della deforestazione dell’Amazzonia, tra cui il disboscamento finalizzato all’ allevamento del bestiame, la colonizzazione e l’agricoltura di sussistenza, la costruzione di infrastrutture (principalmente autostrade), l’agricoltura commerciale e la produzione di legname. Ciascuno di questi fattori minaccia la sostenibilità di questa regione. Per esempio:
• Disboscamento finalizzato all’ allevamento del bestiame. L’allevamento di bestiame è la principale causa di deforestazione nell’Amazzonia brasiliana. Gli allevatori di bestiame ripuliscono il terreno per piantare erba da foraggio per le mandrie di bestiame. La domanda globale di carne bovina brasiliana ha reso molto redditizio questo uso a breve termine delle zone tropicali amazzoniche. La richiesta mondiale è cresciuta negli anni ’80 e ’90, quando il Brasile ha svalutato la sua moneta, rendendo così la sua carne bovina ancora più competitiva sul mercato mondiale. La costruzione di strade, tra cui l’autostrada transamazzonica costruita diversi decenni fa, ha aperto dei varchi nella foresta, rendendo il trasporto e l’imballaggio di carne bovina più economico.
• Agricoltura di colonizzazione e di sussistenza. Il governo brasiliano ha attuato programmi destinati agli agricoltori meno abbienti per la colonizzazione di intere aree di giungla. Purtroppo, il governo non sollecita gli agricoltori a utilizzare le migliori pratiche, ecologicamente sostenibili, per l’agricoltura. I contadini usano i fuochi per liberare la terra, per poi piantare banane, riso, mais, manioca, e palma, coltivazioni che nel breve termine crescono rigogliose, ma che a distanza di tempo privano il terreno degli elementi nutritivi, spingendo così gli agricoltori a stabilirsi in altre zone, replicando così il processo di deforestazione e le stesse tecniche inefficienti di coltivazione.
• Costruzione di infrastrutture. Negli anni Settanta il governo federale ha costruito la Transamazzonica, duemila miglia di autostrada progettata allo scopo di aprire il territorio all’agricoltura, all’industria mineraria e a quella del legno. Il governo ha sollecitato l’interesse offrendo sussididi per le terre, sei mesi di salario, oltre ad altri benefici. L’autostrada ha subìto gravi danni a causa delle pesanti piogge, dell’instabilità del terreno, dell’erosione, associate allo scarso rendimento dei terreni agricoli in possesso dei coloni; inoltre, ha facilitato l’accesso alla regione, incentivando una sempre maggiore deforestazione, per far spazio ai mezzi agricoli, al bestiame e ad altre produzioni.
• Agricoltura commerciale. L’agricoltura su larga scala è arrivata in Amazzonia con la coltivazione della soia. Alcuni scienziati brasiliani hanno sviluppato una nuova varietà di soia che cresce bene nell’ecosistema della foresta pluviale. La forte domanda ha poi dato impulso alla produzione. Purtroppo , la coltivazione della soia impoverisce estremamente i terreni e risulta non sostenibile nel lungo termine.
• Produzione di legname. Il maggior problema legato alla deforestazione è che, pur esistendo varie leggi volte a regolare la produzione del legname, queste non vengono sufficientemente rispettate. La deforestazione è strettamente legata alla costruzione delle strade, cosicché più aumenta il numero di strade di accesso all’interno dell’Amazzonia che il governo realizza, più i taglialegna vi entreranno per disboscare. Le stesse strade spingono i coloni più poveri verso l’interno in cerca di terre da coltivare temporaneamente, di materiali da costruzione, di legna da ardere e di cacciagione.
Nel loro insieme, questi interessi economici stanno distruggendo una delle più ricche bioregioni del mondo, mettendone seriamente a rischio la sopravvivenza futura e compromettendo quella che a lungo termine potrebbe rivelarsi la maggiore fonte di entrate.
Purtroppo in molti paesi in via di sviluppo i governi non pongono sufficiente attenzione alla difesa dell’ambiente. I rappresentanti eletti subiscono tanto la pesante influenza di potenti interessi corporativi quanto quella della necessità di ripagare il debito estero. Le loro decisioni sulle le risorse ambientali come l’Amazzonia sono fortemente influenzate da queste due forze. Gli organismi internazionali potrebbero avere un ruolo importante (le Nazioni Unite riconoscono che c’è un problema ambientale) ma vengono spesso sviate da altri interessi. Il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) non ha finanziamenti sufficienti e non ha una concreta giurisdizione sugli stati sovrani. Si sono fatte avanti anche alcune Organizzazioni non-governative (Ong), tra cui il WWF e Greenpeace. L’Unione mondiale per la conservazione (Unione internazionale per la conservazione della natura, Iucn) ha enunciato tre strategie ambientali da seguire per la sostenibilità dell’agricoltura: (a) attenta valutazione dell’equilibrio tra agricoltura e allevamento di bestiame; (b) migliore gestione dei raccolti; (c) protezione della foresta pluviale. La meccanizzazione e la globalizzazione dell’agricoltura costituiscono un’importante minaccia per la conservazione dell’agricoltura locale .
Una prospettiva di speranza è legata al riconoscimento delle “Riserve della biosfera”, che sono delle unità internazionali per la conservazione determinate dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco) nell’ambito del Programma sull’uomo e la biosfera (Man and the Biosphere, Mab). Secondo “lo Statuto dell’accordo quadro per una rete globale delle Riserve della biosfera” (The Statutory Framework of the World Network of Biosphere Reserves), le Riserve presentano e dimostrano la convivenza armonica tra l’uomo e l’ambiente. Da un certo punto di vista, le Riserve possono essere considerate dei “laboratori viventi” per la sperimentazione e la dimostrazione della gestione integrata del territorio, delle acque e della biodiversità . La foresta pluviale amazzonica è una delle varie Riserve della biosfera del Brasile, sebbene la sua designazione abbia un carattere soprattutto scientifico e non implichi alcun controllo politico da parte dell’Unesco o di altre istituzioni non appartenenti al governo brasiliano.