La distribuzione del lavoro nell’economia globale.
Catene di valore e vulnerabilità dei lavoratori
Quando si parla di catene di valore globali si definisce la odierna modalità organizzativa degli investimenti nazionali ed internazionali nell’ambito dell’economia globalizzata.
Nei cosiddetti paesi in via di sviluppo le catene di distribuzione globale da un lato hanno creato posti di lavoro e nuove opportunità economiche e sociali, dall’altro non possiamo dimenticare come la dinamica dei rapporti di produzione e di occupazione in questa economia globale abbia avuto un impatto sostanzialmente negativo sulle condizioni lavorative, soprattutto in quei paesi detti del Sud Globale dove non esiste una forte storia sindacale e la legislazione che riguarda i diritti dei lavoratori è ancora acerba.
La catena globale di distribuzione che fornisce beni o servizi ai consumatori utilizza diverse modalità durante le sue diverse fasi: operazioni come gli investimenti diretti delle società multinazionali, oppure joint venture in cui la multinazionale detiene la principale responsabilità nei rapporti di lavoro.
Questa ultima tipologia sta diventando via via quella dominante soprattutto nella catena di distribuzione del lavoro nella regione Centro e nord americana, e prevede che gli obblighi contrattuali dei lavoratori siano sottoposti al modello della società leader. Un esempio: un datore di lavoro statunitense assume un’agenzia di reclutamento negli Stati Uniti, che subappalta a un’altra agenzia nazionale, che a sua volta subappalta a un’agenzia di reclutamento in Messico, la quale assume un gruppo di reclutatori individuali collocati in diverse entità federative.
Si pone però un problema nel campo della giurisdizione che cambia da un paese all’altro ed è dunque limitata ai confini nazionali, con standard di lavoro che cambiano da paese a paese. La creazione e il funzionamento di strutture normative che regolano le condizioni contrattuali sono responsabilità delle autorità governative che a volte non dispongono delle conoscenze o delle risorse specialistiche per monitorare la conformità agli standard minimi di qualità dell’ambiente di lavoro. Non tutti i governi sono stati in grado di adattarsi alla rapida trasformazione derivante dall’esposizione dei loro paesi all’impatto dell’economia globalizzata, che ha generato lacune nella governance su questo specifico tema.
In America Latina il subappalto del lavoro attraverso la figura dell’intermediario è molto simile al subappalto della produzione dei beni di consumo. Infatti, un acquirente può avere rapporti contrattuali con fornitori di livello superiore, ma la maggior parte delle volte non ha rapporti contrattuali con fornitori di livello inferiore. Allo stesso modo funziona il sistema del reclutamento lavorativo. Questa situazione ha dato origine a diversi sistemi di intermediazione per il reclutamento e l’assunzione di manodopera, che assicurano l’accesso in modo tempestivo di lavoratori, ma allo stesso tempo frammentano la catena di distribuzione del lavoro, rendendo difficile, in caso di frode e abusi, risalire al diretto responsabile.
Questi sistemi sono associati alle imprese caratterizzate da una grande domanda di lavoro, come la maquiladoras o il settore agricolo durante i periodi del raccolto. Un esempio paradigmatico è quello del Messico, dove tradizionalmente si coltivano canna da zucchero, caffè, cotone, tabacco, così come alcuni tipi di frutta e verdura (pomodori, mango e banane, per esempio). L’aumento della domanda di lavoro nelle colture orticole da esportazione negli ultimi decenni ha anche accresciuto e moltiplicato la presenza di agenti intermediari sul luogo di lavoro. In ogni coltura e in ogni particolare regione il sistema adotta un’intermediazione con caratteristiche particolari a seconda della grandezza della domanda stagionale, delle fonti di approvvigionamento di lavoro, del livello di tecnologia e divisione dei compiti nel lavoro agricolo, e del tipo di produttore. Esistono diversi tipi di agenti intermediari: agenzie statali, sindacati, associazioni di produttori e intermediari privati. Quest’ultimo caso può essere suddiviso, approssimativamente, in intermediari tradizionali e moderne aziende appaltatrici. Gli intermediari tradizionali, noti con il nome generico di enganchadores, possono operare indipendentemente o essere collegati ad un’altra classe di agenti intermediari, come le classiche agenzie di reclutamento.
Un esempio ancora più specifico è il sistema di intermediazione nella coltivazione del caffè in Chiapas dove ha operato un sistema tradizionale, le cui origini risalgono alla metà del secolo scorso, che gestisce l’impegno massiccio di popolazioni indigene che dagli altopiani deve essere trasferito nelle piantagioni di caffè. L’attività degli intermediari è concentrata nei settori dell’agricoltura aziendale e, in misura minore, tra i piccoli imprenditori.
Gli intermediari responsabili di questo sistema sono conosciuti come facilitatori, enganchadores o appaltatori, e hanno anche svolto un ruolo chiave nell’organizzare e mettere a disposizione dei produttori migliaia di lavoratori soprattutto guatemaltechi, che sono stati la principale fonte di lavoro stagionale.
La vulnerabilità economica, sociale e culturale dei lavoratori migranti indigeni, quasi sempre provenienti dall’America centrale, ha permesso di imporre condizioni di lavoro e salari bassi.
La stessa situazione si riproduce nella frontiera nord del paese, caratterizzata da una migrazione urbana, molto spesso interna, legata alla domanda di lavoro nell’industria della maquila, dove si concentrano più di 600 imprese, quasi tutte straniere.
Le condizioni delle persone che lavorano in questo settore sono a volte sotto gli standard minimi, soggette a cambiamenti di orari, in ambienti sovraffollati e difficili condizioni salariali. Secondo l’Ong Polaris e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), sono soprattutto due i gruppi di popolazione più esposti al fenomeno della tratta di persone, i cosiddetti jornaleros: lavoratori stagionali che molto spesso vengono da comunità indigene e ancora più di frequente sono esposti alla vulnerabilità generata dalla povertà ma anche dall’analfabetismo: molti di loro non conoscono lo spagnolo, tantomeno l’inglese, e ignorano i loro diritti e le loro condizioni contrattuali. Poi c’è la categoria delle lavoratrici domestiche, troppe volte vittime di vari generi di abusi: si trovano in una situazione migratoria irregolare, scontrandosi cosi con un altissimo rischio di abusi anche sessuali, ma le denunce continuano a essere scarse proprio per il timore del rimpatrio.
Nella maggior parte dei casi, il tentativo di creare sindacati è sfortunatamente fallito, e questi ultimi si sono trasformati in un nuovo attore nel processo di reclutamento, facendo pagare una “tassa sindacale” ad ogni lavoratore salariato. In Messico è molto diffuso il fenomeno dei sindacati charros, cioè sindacati che incentivano modalità come i contratti di protezione patronale: contratti collettivi firmati dal padrone con i sindacati alle spalle dei lavoratori, e che assicurano una forte discrezionalità nelle relazioni lavorative, dove le autorità sono troppo spesso complici e colluse.
È così che questi lavoratori in condizioni di estrema vulnerabilità si indebitano per poter accedere e permanere nel posto di lavoro. Alloggio, indebitamenti e altri aspetti legati ai bisogni e alla sopravvivenza del lavoratore e della sua famiglia sono alcuni degli elementi diventati complementari e decisivi di controllo della forza lavoro, il cui monopolio nelle mani di intermediari diventa uno strumento per esercitare pressioni extra-economiche.
Per poter cambiare questa dinamica è necessario uno sforzo a livello di politiche pubbliche, nel loro disegno ma soprattutto nel trasformarle in strumenti operativi, così come una maggior partecipazione della società civile e dei sindacati nel controllo e nella difesa dei diritti umani dei lavoratori.