Il Marocco è noto per saper dare risalto ai propri successi, e il parlamento marocchino ha approvato la nuova legge contro la violenza sulle donne proprio il 14 febbraio 2018, giorno di San Valentino.
Tralasciando le assai divertite reazioni dei social media per la scelta di tale simbolica data, si tratta di una legge attesa da lungo tempo, largamente discussa e ora finalmente approvata da entrambi i rami del parlamento. Essa rappresenta un positivo passo in avanti, ma numerosi attenti osservatori della situazione femminile in Marocco obiettano che l’effettivo impatto della norma sulla vita sociale appare incerto.
La violenza di genere è un grave problema nel paese. Gli ultimi dati disponibili risalgono a un’indagine svolta tra il 2009 e il 2010 dall’ente nazionale di statistica (Haut Commissariat au Plan), e riportava che il 62,8% delle donne tra i 18 e i 64 anni erano state vittime di atti di violenza nel corso dei dodici mesi precedenti all’indagine. Si tratta di circa sei milioni di donne.
E’ chiaro che una legge in grado di assicurare un’adeguata protezione dalla violenza cui sono esposte le donne era un’istanza fondamentale per la società civile del Marocco e, per molte di loro, un sogno lontano. Tuttavia, a partire dal giugno del 2016 – quando è stata presentata la prima bozza del progetto di legge – quest’ultima è diventata la potenziale arma legale per opporsi allo stato delle cose e migliorare la situazione di donne e ragazze, e in molti hanno dato il loro supporto a quanto rappresentato dalla nuova normativa.
E’ importante precisare che in Marocco esiste una notevole varietà di attori impegnati nella difesa dei diritti delle donne, e che le loro strategie e i loro riferimenti ideologici presentano notevoli differenze. Alcune di queste organizzazioni si battono per una liberazione delle donne basata sull’interpretazione di testi religiosi, depurati dal loro prevalente orientamento misogino; altre sono profondamente laiche e basano la loro azione sull’importanza delle libertà individuali e sulla necessità di uguaglianza ed equità sociale; altre ancora lottano per eliminare ogni forma di discriminazione basata sul genere, e sull’orientamento o espressione in campo sessuale. Senza pretendere di descrivere in modo completo il panorama della società civile del Marocco, possiamo comunque mettere in luce alcune caratteristiche fondamentali.
La nuova legge contiene una definizione della violenza di genere. Nello specifico, essa viene descritta come “ogni atto basato su discriminazione fondata sul genere, che possa arrecare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico a una donna”. Riconoscere che le donne si trovano esposte a questo particolare tipo di violenza è il primo fondamentale passo per combatterla.
Inoltre, la legge prevede un aggravamento della pena in alcuni casi specifici (ad esempio: quando il crimine è commesso nell’ambito del matrimonio e quando le molestie sono compiute da un pubblico ufficiale), e definisce come reati alcune azioni che erano in gran parte prive di sanzione (come l’allontanamento forzato dal tetto coniugale, o le molestie compiute in luoghi pubblici e sui social media). Sono previsti meccanismi di prevenzione e di follow-up, il che dimostra una maggiore comprensione del fenomeno e il tentativo di individuare risposte concrete alle sue molteplici manifestazioni.
Tuttavia, gli aspetti migliori della legge non arrivano a bilanciare le sue carenze. Nel complesso del suo impianto, gli standard internazionali relativi alla violenza di genere non sono stati sempre recepiti. Ad esempio, la punizione per il delitto di stupro viene motivata con l’attacco contro l’onore e il pudore della vittima, più che contro la sua integrità fisica e psicologica. La maggior parte delle critiche si sono inoltre concentrate sulla mancanza di una esplicita inclusione e sanzione dello stupro coniugale.
Anche se i promotori della norma controbattono che tale fattispecie è de facto ricompresa in quella di stupro (tesi condivisa in particolare dai membri del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo e dalle organizzazioni con radici religiose), diversi rappresentanti della società civile hanno protestato contro questa pericolosa omissione. Nell’indagine già citata, era riportato anche che la violenza coniugale è quella che colpisce le donne con più frequenza, e che circa 3,7 milioni di donne avevano subito violenze domestiche. In un tale contesto, il problema va oltre l’adozione di misure preventive o di pene più severe. Si trattava di prendere formalmente atto che la violenza di genere è particolarmente diffusa nell’ambiente di vita quotidiana e personale della donna, e che ciò necessita di un riconoscimento ad hoc.
Sono stati rilevati limiti anche nel campo delle misure preventive e dei meccanismi di follow-up. Alcune organizzazioni locali e internazionali (ad esempio Human Rights Watch, che ha inviato in proposito una comunicazione ai dicasteri marocchini competenti) hanno sottolineato che i meccanismi di prevenzione già in vigore presentavano numerose carenze.
Nella versione definitiva della legge non sono previste misure volte ad affrontare tali mancanze e/o a rafforzare i meccanismi di prevenzione. Quanto alle azioni di follow-up, i doveri dei pubblici ufficiali non sono descritti in modo compiuto dalla legge, e quindi molto dipende dalla buona volontà dei singoli responsabili.
Le ordinanze restrittive a protezione delle vittime possono essere emanate solo a seguito di una condanna penale, il che risulta estremamente costoso (economicamente e psicologicamente), e possono essere annullate su richiesta della stessa vittima. Specialmente nei casi di violenza coniugale, la donna può essere sottoposta a fortissime pressioni da parte della propria famiglia (e/o dal suo gruppo allargato di riferimento) per riconciliarsi col suo aggressore – anche dopo aver ottenuto una condanna contro di lui.
In tal caso il marito violento viene sollevato da tutte le sue imputazioni, e la moglie abusata può essere costretta a far ritorno al tetto coniugale. L’assenza di sostegni finanziari – e/o di alloggi – per le vittime di violenza coniugale che non possiedono i mezzi per lasciare le loro case è un’altra fonte di preoccupazione per le organizzazioni che si interessano di questi problemi.
Ciò che sembra mancare è un riconoscimento a livello più generale dell’ambiente oppressivo in cui le donne del Marocco si trovano spesso rinchiuse. Una solida rete di relazioni patriarcali impedisce che si creino le condizioni perché donne e uomini abbiano la stessa importanza all’interno della società. Anche se quella rete di relazioni può in qualche caso essere spezzata e se talvolta si registrano piccoli miglioramenti, un cambiamento nei modelli attuali può essere immaginato soltanto se si mette in discussione l’intera struttura.
Ciò forse non avviene ancora, ma la società marocchina è in fermento e la lotta per i diritti delle donne non sta affatto rallentando. Le organizzazioni non governative impiegano nuove e differenti strategie, e il dibattito sulle questioni di genere è in pieno sviluppo e coinvolge gruppi sempre più ampi di sostenitori.
In quest’ambito, va anche segnalato che un parlamentare marocchino ha proposto un disegno di legge volto alla depenalizzazione dell’aborto , facendo appello al supporto collettivo della maggioranza parlamentare.
Anche se la recente legge non ha riscosso consensi unanimi, i diritti delle donne e le questioni di genere sono sempre di più oggetto di dibattito a livello nazionale, e si può vedere chiaramente che questi temi guadagnano costantemente importanza dal punto di vista politico. Le delusioni del passato alimentano lo scetticismo, ma è certo che tutti coloro che si stanno mobilitando a favore delle donne non cesseranno i loro sforzi.