In libreria – Environment and Society : Climate Change and Sustainable Development
Un volume di Subhash Sharma* e Kshipra Sharma**
Insieme, Subhash e Kshipra Sharma sono gli autori di Environment and Society: Climate Change and Sustainable Development, pubblicato da Routledge India nel 2023.
Il libro presenta un approccio lucido e accessibile alla sociologia ambientale ed esamina il dibattito realista-costruttivista in ecologia per un’esplorazione ampia o, come si usa dire in gergo, “olistica” di questo ampio campo di interesse.
Può essere utile qui chiarire sommariamente cosa si intenda per dibattito realista-costruttivista nella teoria sociologica, riferito ai temi ambientali e all’ecologia.
Si tratta di un dibattito sullo status ontologico ed epistemologico dei problemi ambientali e sulle loro implicazioni sociali. Esso ruota attorno a due domande principali:
- Esiste una realtà oggettiva dei problemi ambientali, indipendente dalla percezione e dall’interpretazione umana?
- Come si acquisisce e si giustifica la conoscenza dei problemi ambientali e delle loro cause, effetti e soluzioni?
I realisti sono coloro che affermano l’esistenza di una realtà oggettiva dei problemi ambientali, che può essere conosciuta e misurata con metodi scientifici, e che i problemi ambientali sono causati da processi biofisici che non sono influenzati da valori, credenze o interessi umani. Inoltre, sostengono che la conoscenza scientifica dei problemi ambientali è valida, affidabile e universale e che può fornire una base per decisioni e azioni razionali. Volendo usare uno slogan, si potrebbe affermare che ‘la natura è un’entità indipendente dalla società’.
I costruttivisti invece sono coloro che negano o, meglio, mettono in dubbio l’esistenza di una realtà oggettiva dei problemi ambientali che possa essere conosciuta e misurata con metodi scientifici. Sostengono piuttosto che i problemi ambientali sono costruiti socialmente da attori umani, che interpretano e rappresentano la natura in base ai loro valori, credenze o interessi. Inoltre affermano che la conoscenza scientifica dei problemi ambientali è contingente, parziale e situata e che riflette le relazioni di potere e i discorsi dei gruppi o delle istituzioni dominanti. Per usare anche in questo caso uno slogan, si potrebbe dire che ‘la natura è costruita socialmente’.
Il dibattito realista-costruttivista in ecologia ha importanti implicazioni per l’etica, la politica e la politica ambientale, e lo stesso dibattito è presente anche nella critica letteraria ambientale o “ecocritica”. A seconda che si adotti una prospettiva realista o costruttivista si possono avere visioni diverse sulla natura e sul valore dell’ambiente, sulle cause e sulle soluzioni dei problemi ambientali, sui ruoli e sulle responsabilità dei vari attori e stakeholder e sui criteri e i metodi di valutazione delle rivendicazioni e delle azioni ambientali.
Gli autori prendono le mosse da alcuni dati fattuali: nel corso dei decenni, la frequenza e l’intensità di eventi e condizioni meteorologiche estreme sono aumentate enormemente: ad esempio, lunghi periodi di inondazioni o di siccità, terremoti, tsunami, cicloni, tempeste, ecc.
Nel XX secolo, molti problemi ambientali come il riscaldamento globale, le piogge acide, l’assottigliamento dell’ozono, l’estinzione di specie animali e vegetali, il declino delle falde acquifere sotterranee, l’estinzione delle sementi, gli elementi velenosi contenuti nei fertilizzanti, negli insetticidi e nei pesticidi, la desertificazione e l’erosione del suolo, lo stress idrico, i vari tipi di inquinamento, la deforestazione massiccia e il cambiamento climatico furono considerati da molti (ma non da tutti) come problemi teorici remoti, soprattutto nei Paesi con economie ad alto reddito. Tuttavia, nel XXI secolo questi problemi si sono accentuati e sono ora ben visibili nella nostra vita quotidiana in quasi tutti i Paesi, regioni e continenti.
Il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) delle Nazioni Unite, nei suoi diversi report, ha fornito evidenze scientifiche sulla maggior parte di questi problemi ambientali.
Oggi, in ragione della loro complessità, i problemi ambientali sono materia interdisciplinare, che comprende in particolare la biologia, l’economia, la sociologia, l’ecologia sociale, eco-politica, gli studi ambientali e altro ancora.
Pertanto, l’oggetto di questo libro è duplice, in quanto sia la dimensione teorica che quella empirica di tali problemi sono trattati in dettaglio.
Il libro si sviluppa in nove capitoli: (1) “Sociologia dell’ambiente: La sua origine e le sue preoccupazioni”, (2) “Approcci all’ambiente e alla società”, (3) “Sviluppo sostenibile: Concetto, principi e pratica”, (4) “Sviluppo, sfollamenti e riabilitazione”, (5) Movimenti ecologici in India”, (6) “Politica ambientale globale”, (7) “Cambiamenti climatici e società”, (8) “Problemi ambientali globali” e (9) “Beni comuni per le comunità: una critica della “tragedia dei beni comuni”.
Molti temi, dunque. Limitandoci a segnalare quello conclusivo, si tratta del riferimento a un celebre articolo del 1968 pubblicato sulla rivista Science e scritto da un biologo, Garrett Hardin, che si intitolava appunto The Tragedy of the Commons e che in pratica, utilizzando l’analogia degli allevatori che pascolano i loro animali su un campo comune, segnalava un problema di scienza economica e ambientale sostenendo che le risorse comuni, lasciate alla libera iniziativa individuale – senza intervento statale o della proprietà privata – sono destinate inevitabilmente a essere dissipate, portando all’esaurimento della risorsa e a un danno per la collettività. La “tragedia dei beni comuni”, cioè, si verificherebbe quando gli individui trascurano il benessere della società per perseguire un guadagno personale. Nella prevalente oscillazione storica tra predominio del Mercato o dello Stato, l’imposizione di diritti di proprietà privata (privatizzazione) oppure la regolamentazione governativa potrebbero essere delle possibili soluzioni al problema.
Il concetto di tragedia dei beni comuni può essere applicato a varie situazioni in cui gli individui hanno accesso a una risorsa condivisa che non è regolata o gestita da norme o tariffe formali. Se gli individui agiscono nel proprio interesse personale e non si coordinano con altri per preservare la risorsa, possono finire per esaurirla o distruggerla. Alcuni esempi di risorse comuni che sono soggette a questa “tragedia” sono la pesca, le foreste, l’acqua, l’aria, la fauna selvatica e le fonti di energia non rinnovabili. La tragedia dei beni comuni può avere conseguenze negative sia per l’ambiente che per la società, come la perdita di biodiversità, il degrado degli habitat, l’inquinamento, i cambiamenti climatici, l’insicurezza alimentare, la povertà e i conflitti sociali.
Le scienze sociali hanno continuato a ragionare sul tema a lungo. Vale la pena ricordare la posizione di Elinor Ostrom, politologa e premio Nobel per l’economia, che contestò l’idea della tragedia dei beni comuni, mettendone in discussione la visione convenzionale. L’autrice sostenne che le comunità possono gestire le risorse comuni in modo sostenibile attraverso accordi di azione collettiva e lo sviluppo di istituzioni che promuovono la cooperazione e la fiducia. In sostanza, Elinor Ostrom intendeva dimostrare che, a determinate condizioni, le persone possono cooperare per gestire le risorse comuni senza esaurirle o distruggerle, chiarendo che esistono molti esempi concreti di azioni collettive di successo per governare i beni comuni, in vari contesti e culture, al di là della dicotomia Stato-Mercato. La tragedia dei beni comuni non sarebbe dunque inevitabile, ma piuttosto il risultato di un fallimento istituzionale. Secondo Olstrom esistono modi alternativi di governare i beni comuni, oltre alla privatizzazione o alla regolamentazione statale. Nello specifico, proponeva un quadro di otto principi di progettazione, per una gestione efficace e sostenibile delle risorse comuni da parte di gruppi auto-organizzati:
- Confini chiaramente definiti: i confini degli utenti e delle risorse sono chiaramente definiti e riconosciuti.
- Congruenza tra le regole di appropriazione e fornitura e le condizioni locali: le regole per l’uso e il contributo alla risorsa sono adattate al contesto e alle condizioni locali.
- Accordi di scelta collettiva: gli utenti hanno voce in capitolo nella definizione e nella modifica delle regole che li riguardano.
- Monitoraggio: gli utenti o i loro rappresentanti controllano la risorsa e il comportamento degli utenti e si responsabilizzano reciprocamente.
- Sanzioni graduali: gli utenti che violano le regole devono affrontare sanzioni proporzionali alla gravità e al contesto dell’infrazione.
- Meccanismi di risoluzione dei conflitti: gli utenti hanno accesso a meccanismi equi e a basso costo per risolvere i conflitti tra di loro o con gli esterni.
- Riconoscimento minimo dei diritti di organizzazione: gli utenti hanno il diritto di creare le proprie istituzioni senza essere contrastati da autorità esterne.
- Imprese annidate: la governance delle risorse è organizzata in più livelli di imprese annidate che operano a scale e livelli diversi.
Elinor Ostrom ha così affermato che non esiste una soluzione unica per evitare la tragedia dei beni comuni, ma piuttosto una diversità di accordi istituzionali che possono adattarsi a situazioni ed esigenze diverse. Il corollario è l’idea di un approccio policentrico, che riconosce la complessità e l’interdipendenza dei sistemi sociali ed ecologici e che consente la sperimentazione, l’apprendimento e l’adattamento.
I due autori del libro sviluppano questo ragionamento prendendo in considerazione casi concreti in Asia (India) e Africa (Mali, Tanzania, Botswana e Somalia), facendo riferimento alle risorse naturali comuni, accessibili all’intera comunità di un villaggio e sulle quali nessun individuo ha diritti di proprietà esclusivi. Gli autori collegano a questo ragionamento il concetto di Sustainable Livelihood, diventato popolare in quanto prevede strategie di adattamento legate alle capacità delle persone di accedere a risorse naturali e di utilizzarle per guadagnarsi da vivere in modo tale da non precludere ad altri la possibilità di guadagnarsi da vivere, ora o in futuro. Un concetto tradotto in programmi di intervento dal Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP).
Tornando al dibattito tra realisti e costruttivisti, gli autori del libro chiudono il capitolo e il volume prendendo posizione e affermando che l’ipotesi della tragedia dei beni comuni soffre di un pregiudizio culturale, in quanto formulata da un punto di vista anglosassone dei beni comuni, mentre nei Paesi in via di sviluppo molte risorse di proprietà comune sono utilizzate senza che si verifichi una “tragedia”.
Come in questo capitolo, anche nel resto del libro si trovano molti casi di studio provenienti da Asia, Africa, Europa e Americhe, volti a sottolineare prospettive teoriche distinte in Asia e Africa rispetto all’Occidente, che dovrebbero suggerire molta più cautela nella definizione di regole generali di gestione sostenibile delle risorse naturali e del rapporto tra società e natura, che ha ricadute anche sul piano delle strategie per la mitigazione e l’adattamento rispetto ai cambiamenti climatici.