Conflitti e sviluppo nel Nord-Est della Nigeria: il caso dell’insurrezione di Boko Haram
La zona geopolitica nord-orientale della Nigeria, che comprende sei Stati – Adamawa, Bauchi, Borno, Gombe, Taraba e Yobe – è tra le meno sviluppate del paese. I dati dell’Ufficio nazionale di statistica (2020) mostrano che vive in povertà circa l’87,72% della popolazione dello Stato di Taraba, il 75,41% di quella di Adamawa, il 72,34% di Yobe, il 62,31% di Gombe e il 61,53% di Bauchi. Il coefficiente di Gini in questi Stati mostra l’esistenza di ampie disuguaglianze, mentre il tasso di alfabetizzazione resta molto basso. Ciò nonostante, la zona si trova ad affrontare altre sfide, tra cui il conflitto causato dalle attività della temuta setta di Boko Haram e, più recentemente, del suo gruppo scissionista noto come Stato Islamico nella Provincia dell’Africa Occidentale (Islamic State in West Africa Province, ISWAP). Le attività di questi gruppi hanno peggiorato la situazione di insicurezza e minacciato ulteriormente lo sviluppo della zona, e non se ne intravede la fine.
Specificità del contesto
Il termine Boko Haram è una combinazione di una parola Hausa, boko (libro o educazione occidentale) e della parola araba haram (proibito o peccato); il che significa che l’educazione occidentale è proibita o che l’educazione occidentale è considerata un peccato o un abominio. Questa era la credenza della setta (Jamāʿat Ahl al-Sunnah li-l-Daʿawah wa al-Jihād, che in arabo significa “Persone impegnate nella diffusione degli insegnamenti e della jihad del Profeta”) che ha dato inizio al movimento nel 2002 a Maiduguri, nello stato di Borno, nel nord-est della Nigeria. La setta, comunemente indicata come Boko Haram, mirava a creare uno Stato Islamico che operasse in modo diverso da quanto accade in Nigeria. Ciò è dovuto alla delusione nei confronti della forma occidentale di governo, che a loro parere non ha comportato altro che malgoverno, corruzione, povertà, ingiustizie, e via dicendo.
Se inizialmente – tra il 2002 e il 2009 – il gruppo aveva adottato modalità d’azione pacifiche, successivamente ha cambiato strategia e ha iniziato a impiegare la violenza per perseguire i suoi obiettivi dopo che il suo leader Mohammed Yusuf, ucciso nel 2009, è stato sostituito da Abubakar Shekau. Da allora, le operazioni della setta hanno continuato a seminare morte attraverso l’uso di armi pericolose tra cui esplosivi, “granate a razzo (RPG), missili anticarro, ordigni esplosivi improvvisati (IED), missili terra-aria, carri armati, fucili d’assalto AK-47, machete e pugnali” (Awortu, 2015, p.214) per attaccare tutti gli obiettivi tra cui individui, istituzioni statali e religiose, polizia, esercito, scuole, ecc., non solo nel nord-est della Nigeria ma anche nei paesi limitrofi come Camerun, Ciad e Niger.
La setta ha anche incendiato case e mercati, e perpetrato attentati suicidi, rapimenti e uccisioni di operatori umanitari, predicatori, viaggiatori, scolari e donne, nonché stupri. Nell’aprile del 2014, il gruppo ha rapito circa 276 studentesse di una scuola secondaria a Chibok, nello Stato di Borno, provocando l’indignazione internazionale e un tentativo da parte di molti paesi occidentali di arginare il fenomeno fornendo assistenza tecnica e condividendo i servizi di intelligence. Nel febbraio 2018 sono state rapite dallo stesso gruppo circa 110 studentesse del Government Girls’ Science and Technical College di Dapchi, nello Stato di Yobe. Alla fine di dicembre 2020, più di 300 scolari sono stati rapiti da un istituto governativo maschile, la Government Science Secondary School, a Kankara, nello Stato di Kastina, nella zona nord-occidentale del paese. La setta ha rivendicato la responsabilità del rapimento, ma è stata successivamente smentita dal governo, che lo ha attribuito a malviventi comuni.
Oltre ai bambini delle scuole, Boko Haram ha rapito diverse altre persone, tra cui stranieri e operatori umanitari. Secondo l’UNICEF, tra il 2013 e il 2018 più di 1.000 bambini sono stati rapiti dalla setta solo nel nord-est. Per quanto riguarda l’elevato numero di morti, il coordinatore delle attività umanitarie delle Nazioni Unite, Antonio Jose Canhandula, ha dichiarato nel 2019 che dall’inizio del conflitto con Boko Haram hanno perso la vita più di 36.000 persone, di cui circa il 50% civili.
Inoltre, nel 2015, la setta ha giurato fedeltà allo Stato Islamico in Iraq e ha cambiato il suo nome in Stato Islamico in Africa Occidentale (ISWA) o Stato Islamico nella Provincia dell’Africa Occidentale (ISWAP). Tuttavia, nello stesso anno il gruppo ha subito una scissione, e una fazione ha riadottato il nome Boko Haram mentre l’altra ha mantenuto quello di ISWA o ISWAP.
Le cause dei conflitti e delle insurrezioni nel nord-est della Nigeria
Le principali cause degli incessanti conflitti e delle insurrezioni nel nord-est della Nigeria sono economiche, politiche e religiose. I fattori economici sono, tra gli altri, legati alla povertà, alla disuguaglianza, alla disoccupazione, alla mancanza o al basso livello di istruzione. I motivi non vanno cercati lontano. La povertà riduce la resilienza ai conflitti indebolendo le istituzioni pubbliche e aggrava “la vulnerabilità all’insurrezione a livello individuale e comunitario, riducendo il costo-opportunità della mobilitazione per la violenza”, mentre “si ritiene che gli alti tassi di disoccupazione e disuguaglianza, combinati con i bassi livelli di istruzione e sviluppo, preparino il terreno per il reclutamento e forniscano la motivazione per combattere” (Marks, 2016).
D’altro canto, le cause politiche dei conflitti risiedono nella cattiva governance, nell’alto livello di corruzione, nella fornitura di armi, nell’utilizzo e poi nell’abbandono di bande armate costituite da giovani disoccupati durante le campagne politiche, ecc. La cattiva governance e la corruzione portano a violenze e conflitti e finiscono per compromettere lo sviluppo, come nel caso del nord-est della Nigeria. Facilitano inoltre il finanziamento di gruppi armati e reti criminali, indebolendo o prevenendo la creazione di istituzioni efficaci per la governance, deprimendo lo sviluppo sociale ed economico e alimentando ulteriormente i conflitti (United States Institute of Peace, 2010). Inoltre, la maggior parte dei giovani disoccupati, armati e usati come delinquenti politici, spesso vengono abbandonati dai politici stessi una volta che hanno vinto le elezioni. Di conseguenza, la maggior parte di essi usa le armi a scopo criminale, mentre altri vengono reclutati da gruppi armati come la setta Boko Haram, aggravando ulteriormente i conflitti.
La terza categoria delle cause di conflitto nella zona nord-orientale della Nigeria riguarda la dimensione religiosa, che ha a che fare con l’estremismo e con credenze e ideologie radicate, tramandate e insegnate da alcuni leader religiosi e che, in passato, hanno portato a insurrezioni proprio nel nord del paese. Basti pensare al violento movimento Maitatsine di Kano (uno Stato del nord-ovest della Nigeria) che ha operato negli anni ’70 fino ai primi anni ’80. Il gruppo, guidato da Mohammed Marwa, richiamò un vasto esercito di giovani e disoccupati denominati Yan Tatsine, sottoposti a un rigido e controverso indottrinamento islamico, che proibiva di usare oggetti come radio, orologi da polso, automobili e così via. Alla fine, un gran numero di adepti, tra cui il leader, morirono nel 1980 in seguito a diversi scontri armati con le forze governative.
Inoltre, si sono verificati casi in cui delle persone innocenti di religione diversa sono state attaccate da fondamentalisti religiosi che li accusavano di mangiare durante il mese del digiuno. Alla fine del dicembre 1994, un giovane commerciante igbo di nome Gideon Akaluka fu decapitato dai fondamentalisti islamici, e la sua testa mozzata venne fatta sfilare su un bastone in segno di giubilo intorno alla città di Kano. La sua colpa era che la moglie aveva profanato il Corano usandone alcune pagine come fazzolettini di carta. Venne arrestato e incarcerato dalla polizia. Gli assassini fecero irruzione nella prigione, lo decapitarono e sfilarono con la sua testa per le strade di Kano.
Il leader di Boko Haram, Mohammed Yusuf, entrò in contatto con l’ideologia religiosa nel movimento chiamato Izala Society; fondò in seguito il Centro Ibn Taymiyyah a Maiduguri, dove predicava contro l’educazione occidentale e indottrinava i suoi tanti seguaci con messaggi pieni di odio, incoraggiandoli a prendere le armi contro il governo, gli agenti di sicurezza e gli infedeli (i non musulmani e tutti coloro che non praticano il vero Islam) (vedi Apard, 2015). Queste erano alcune delle dottrine estremiste che alimentavano i conflitti nel nord-est. E poiché la maggior parte di coloro che sono attratti dai messaggi di questi predicatori sono giovani, per lo più poveri e senza mezzi di sostentamento, tendono a mettere il loro tempo e le loro energie a disposizione per perseguire e attuare le ideologie diffuse da questi insegnanti. Inoltre, l’appartenenza a questo movimento comporta una certa assistenza sotto forma di denaro contante, cibo, riparo e abbigliamento. Tutto ciò ha contribuito ad aggravare il conflitto nel nord-est del paese.
Effetti delle attività di Boko Haram e sviluppo nel nord-est della Nigeria
I mortali attacchi della setta Boko Haram hanno comportato vari problemi per lo sviluppo degli Stati del nord-est della Nigeria. Oltre all’aumento dell’insicurezza, il livello di povertà nella zona si è aggravato, mentre la fame è a sua volta aumentata a causa degli incessanti attacchi contro gli agricoltori da parte del gruppo. Inoltre, le attività della setta hanno causato crisi umanitarie che hanno comportato carenze di acqua, cibo e servizi sanitari, nonché la mancanza di rifugi adeguati al gran numero di sfollati interni (Internally Displaced Persons, IDP) nella regione del lago Ciad, che le Nazioni Unite hanno stimato in ben oltre due milioni, mentre altri sette milioni di persone dipendono esclusivamente dall’assistenza umanitaria per sopravvivere.
In più, in questa parte del paese il livello di disoccupazione è aumentato a causa della delocalizzazione delle imprese esistenti, mentre quelle nuove hanno paura di stabilirsi nella zona. Allo stesso modo, i commercianti, i proprietari di piccole imprese e gli agricoltori hanno difficoltà ad operare per paura di essere uccisi dai membri di questa temuta setta.
Il tasso di analfabetismo è cresciuto, assieme all’elevato numero di bambini che non hanno accesso alla scuola. La setta ha anche distrutto diverse infrastrutture nella zona, in particolare negli Stati di Borno e Yobe, mentre i progetti di sviluppo pubblico e privato e gli investimenti diretti esteri sono in diminuzione a causa delle operazioni della setta.
In sintesi, il conflitto di Boko Haram ha creato ulteriori ostacoli allo sviluppo nella zona aggravando i livelli di disoccupazione, povertà, insicurezza, fame, crisi umanitarie, ecc.
Gli sforzi per affrontare il problema
Dall’inizio delle attività violente e distruttive praticate dalla setta Boko Haram a partire dal 2009, il governo, le ONG e i privati hanno messo in atto alcune iniziative politiche per porre fine alle sue operazioni e affrontare i problemi che ha creato. Ad esempio, oltre all’impiego di una strategia basata su campagne militari, che includeva una task force multinazionale congiunta (composta da soldati di cinque paesi: Benin, Camerun, Ciad, Niger e Nigeria), il governo centrale ha tentato, senza successo, di negoziare con la setta. Inoltre, l’Assemblea Nazionale ha istituito con la legge n. 7 del 2017 la Commissione per lo sviluppo del nord-est. Le responsabilità della Commissione specificate nella legge comprendono, tra l’altro, la raccolta e la gestione dei fondi stanziati dai governi federali e dai donatori internazionali per reinsediare, riabilitare, reintegrare e ricostruire strade, case e locali commerciali delle vittime del terrorismo e dell’insurrezione, e per affrontare la povertà, l’alfabetizzazione, i problemi ecologici e le altre sfide ambientali negli Stati del nord-est, e ogni questione relativa a questi temi.
Inoltre, i donatori internazionali hanno predisposto strategie di prevenzione e stabilizzazione per affrontare questi problemi, che secondo Brechenmacher (2019) si suddividono in “programmi per rafforzare i sistemi locali di prevenzione e mitigazione dei conflitti, programmi per ripristinare la governance locale e i servizi di base e programmi per promuovere la coesione sociale e garantire l’integrazione degli ex combattenti”.
Risultati delle iniziative
Le iniziative e le strategie adottate dal governo e dalle altre agenzie sopra menzionate hanno inizialmente prodotto alcuni risultati. Ciò è avvenuto con il passaggio alla nuova amministrazione, che è subentrata al precedente governo del presidente Goodluck Jonathan nel maggio 2015. Durante la campagna elettorale all’inizio del 2015, il presidente Buhari aveva promesso di sconfiggere il gruppo entro sei mesi, e nell’agosto dello stesso anno ha concesso ai vertici militari tre mesi per riuscirci. Questa sfida li ha spronati a un ulteriore impegno per il raggiungimento dello scopo, unitamente agli sforzi della task force multinazionale. Inoltre, l’esercito ha ricevuto un migliore addestramento (con l’assistenza dei servizi di sicurezza di paesi occidentali come gli Stati Uniti e il Regno Unito, che includeva il dispiegamento di consulenti militari e la vendita di aerei da attacco leggeri), oltre a cooptare gruppi di vigilantes locali e una task force congiunta civile.
Tra il 2015 e il 2016, con l’intensificarsi delle campagne dell’esercito contro la setta, Boko Haram ha dovuto confinare le sue attività in aree e foreste remote. Molti territori sono stati così recuperati, il che fatto dichiarare ai militari che il gruppo era stato decimato.
Inoltre, alcuni degli scolari rapiti e altri ostaggi sono stati rilasciati dalla setta, alcuni sono riusciti a fuggire mentre altri sono stati messi in salvo dai militari. Ad esempio, nell’aprile 2015, circa 450 donne e ragazze sono state liberate dai militari nigeriani nella foresta di Sambisa, nello Stato di Borno. Nel settembre dello stesso anno, sono stati liberati 241 ostaggi tra donne e bambini, e 43 membri del gruppo sono stati arrestati dall’esercito nigeriano. La setta ha riconsegnato al governo prima 21 e poi 82 studentesse di Chibok in seguito ai negoziati tenutisi rispettivamente nell’ottobre 2016 e nel maggio 2017.
Nel marzo 2018, il governo federale ha annunciato il ritorno di 106 delle 110 studentesse Dapchi rapite dal gruppo. In più, nel maggio 2018 i militari hanno annunciato la liberazione di oltre 1.000 donne, bambini e giovani rapiti dal gruppo Boko Haram nell’area di Bama nello Stato di Borno. Infine, alcuni membri del gruppo si sono arresi al governo mentre altri sono stati arrestati dai militari; molti di loro sono stati reintegrati nella società dopo essere stati sottoposti a programmi di de-radicalizzazione.
Nonostante i risultati sopra riportati, alcuni dei bambini rapiti e altri ostaggi rimangono ancora nelle mani della setta, tra cui Leah Sharibu, che era tra le ragazze Chibok rapite nel 2014, che non è stata rilasciata perché ha deciso di non rinunciare alla sua fede cristiana.
Inoltre, si sta attualmente registrando una recrudescenza delle attività della setta, assieme a quelle di bande di criminali comuni, con l’intensificarsi di attacchi non solo nel nord-est, ma anche in alcuni Stati del nord-ovest. Questa recrudescenza può essere attribuita al coinvolgimento del gruppo internazionale ISWAP. Tra l’altro, il 2018 è stato l’anno che ha preceduto le elezioni generali nel paese, per cui non si può escludere la componente politica. In più, i militari hanno lamentato di avere armi insufficienti e obsolete, per cui alcuni di essi, demoralizzati, sono fuggiti di fronte agli insorti. Secondo questi resoconti, poi, le truppe sarebbero gravate da un carico eccessivo di lavoro.
Tra il 2018 e il 2020 il gruppo ha ucciso varie persone, tra cui civili e operatori umanitari. Ciò ha suscitato ulteriore indignazione da più parti, tra cui l’Assemblea Nazionale, che ha invitato il presidente a licenziare i vertici militari e a nominarne di nuovi. Sebbene il presidente fosse inizialmente riluttante, tuttavia, visto l’intensificarsi delle attività del gruppo, alla fine ha dovuto cedere alla richiesta e il 26 gennaio 2021 ha nominato nuovi capi delle forze armate per sostituire i precedenti.
Dalla regione del presidente (il nord) si sono levate più voci, tra cui quelle di alcuni suoi sostenitori, che denunciavano l’incapacità dell’amministrazione di contenere le attività della setta e della criminalità comune.
Boko Haram ha messo in atto anche diverse tattiche per gli attacchi tra cui la guerriglia, la posa di mine terrestri contro i militari e la raccolta di informazioni di intelligence per monitorare il movimento delle truppe. L’esercito, tuttavia, ha continuato ad attaccare i nascondigli del gruppo, uccidendone molti componenti.
In sintesi, ancora non si intravede una conclusione del conflitto, che continua a intensificarsi e a creare sempre più emergenze umanitarie. La setta è ancora molto attiva e controlla alcune aree del nord-est, dove si registra un’impennata di attacchi e vittime. La pandemia da Covid-19, iniziata alla fine del 2019 e diffusasi in molte nazioni tra cui la Nigeria, sembra aver peggiorato la crisi, considerando le conseguenze economiche di dover lottare sia contro il virus che contro l’insurrezione.
Suggerimenti di policy
Gli sforzi del governo e delle agenzie donatrici per affrontare la minaccia dell’insurrezione di Boko Haram nella zona nord-orientale della Nigeria sono encomiabili. Tuttavia, occorre fare di più di quanto è stato sin qui messo in atto. Ad esempio, è necessaria una maggiore volontà politica di impiegare tutti i mezzi disponibili in ambito legislativo per affrontare la situazione. I militari dovrebbero essere ben equipaggiati e motivati. Tutti gli agenti di sicurezza dovrebbero mettere in sinergia le loro operazioni per ottenere risultati migliori. Va particolarmente sottolineata la necessità di raccogliere informazioni di intelligence e di impiegare le moderne tecnologie per sconfiggere il gruppo. È anche importante bloccare ogni canale utilizzato dalla setta per procurarsi armi e rifornimenti alimentari e soddisfare tutte le esigenze di base, nonché per comunicare, reclutare membri e spostarsi sul territorio.
Inoltre, è evidente che il conflitto non può terminare in assenza del sostegno internazionale. Pertanto, per affrontare il problema è indispensabile chiedere assistenza alla comunità internazionale nel settore dell’intelligence, per la fornitura di attrezzature e aiuti finanziari. Ciò è importante perché le attività del gruppo terroristico islamico Boko Haram si sono estese oltre il confine nigeriano, assumendo così una dimensione internazionale, in particolare dopo il coinvolgimento dell’ISWAP. Pertanto, la lotta al terrorismo richiede la cooperazione internazionale. Inoltre, il governo deve attingere alle esperienze di quelle nazioni che hanno combattuto con successo sia il terrorismo interno che quello esterno. Inoltre, vanno identificate le fonti di finanziamento della setta.
È altresì importante affrontare i problemi della povertà, della disuguaglianza, della disoccupazione, dell’analfabetismo, dei bambini non scolarizzati ecc., che affliggono la zona da anni. Ciò si rende necessario perché i poveri e i disoccupati sono facili obiettivi per il reclutamento nella setta. Affrontare questi problemi impedirà ai giovani di entrare a far parte del gruppo. Altrettanto essenziali sono una buona governance e la trasparenza e responsabilità delle istituzioni pubbliche. I leader religiosi dovrebbero concentrarsi su insegnamenti che promuovano la pace, l’unità e l’amore invece di quelli che incoraggiano la violenza, e impegnarsi in un’energica campagna contro le ideologie e gli insegnamenti radicali.
Versione originale dell’articolo
Foto Credits: Michael Fleshman – Attribution-NonCommercial 2.0 Generic (CC BY-NC 2.0) attraverso Flickr