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Guinea: emergenza Covid-19

Redazione

Tenendo conto della numerosità della popolazione, la Guinea, con poco più di 13 milioni di abitanti, ha un tasso di contagio elevato rispetto alla media degli altri paesi africani (138 contagiati su un milione di abitanti), ma molto più basso di paesi come l’Italia (3523 contagiati su un milione di abitanti) o la Spagna (5.359 contagiati su un milione di abitanti). Certamente, l’elevata probabilità di una sottostima significativa in Africa, a causa del basso numero di test sin qui realizzati, rende inattendibile una comparazione con paesi europei dove i controlli sono molto maggiori. La Guinea ha solo quattro laboratori per i test, tre dei quali nella capitale, a Conakry. Resta, tuttavia, il fatto, che la Guinea ha un numero elevato di contagi confermati rispetto alla media dei 54 paesi africani.

La rapida diffusione della pandemia in Guinea negli ultimi giorni preoccupa molto, in ragione della limitata capacità del sistema sanitario di offrire sufficienti posti letto ospedalieri. Il piano di risposta della Guinea alla pandemia di Covid-19 inizialmente è stato concentrato nel campo sanitario, successivamente il governo ha ampliato il suo campo di applicazione attraverso un meccanismo di coordinamento interministeriale e l’introduzione di un pacchetto di misure di stimolo socio-economico. Organizzazioni internazionali come l’UNICEF stanno attualmente lavorando a stretto contatto con il Ministero della salute per dotare il sistema di personale formato ed equipaggiamento nelle varie comunità locali. Allo stesso modo, si stanno impegnando nella stessa direzione anche cooperazioni bilaterali come nel caso degli Emirati Arabi Uniti che il 5 maggio hanno inviato un aereo di soccorso contenente 7 tonnellate di forniture mediche in Guinea per rafforzare gli sforzi del Paese per frenare la diffusione di Covid-19.

Un problema non secondario, che aggrava la situazione in un paese come la Guinea, è quello politico. Le autorità in Guinea hanno intimidito e arrestato arbitrariamente membri e sostenitori dell’opposizione nelle ultime settimane, in un clima di insicurezza legato alle restrizioni a causa della pandemia di Covid-19, secondo quanto riporta Human Rights Watch.

La popolazione guineana patisce le conseguenze di una crisi politica che si protrae da mesi, ostacolando gli sforzi per contenere il virus nel paese. Un paese che, scorrendo le statistiche della Banca Mondiale e del Programma alimentare mondiale, sebbene ricca di risorse naturali, ha un tasso di povertà elevato (il 55% della popolazione vive in povertà) e il 21,8% delle famiglie è insicuro dal punto di vista alimentare. La malnutrizione rimane elevata: il 6,1% dei bambini sotto i 5 anni è affetto da malnutrizione acuta globale, il 24,4% soffre di ritardo nella crescita e il 12% è sottopeso. Le popolazioni rurali sono particolarmente vulnerabili all’insicurezza alimentare. Tra quelli colpiti da grave insicurezza alimentare, il 71,1% vive di agricoltura di sussistenza. I piccoli agricoltori costituiscono la maggior parte dei poveri del paese, mostrando una elevata correlazione positiva tra povertà e insicurezza alimentare. Inoltre, hanno scarso accesso a semi e fertilizzanti, attrezzature per la produzione e la lavorazione, strutture di stoccaggio, infrastrutture di base e servizi finanziari a prezzi accessibili. Sebbene le donne svolgano un ruolo cruciale nell’agricoltura, in particolare nella produzione alimentare, hanno difficoltà ad accedere alla terra e alle risorse produttive, all’istruzione, all’occupazione formale e alle attività generatrici di reddito. Il loro lavoro è spesso non retribuito e sottovalutato. Le donne rappresentano il 60% delle persone che soffrono la fame cronica e la maggior parte delle popolazioni rurali che vivono in condizioni di povertà. Il matrimonio infantile è una piaga che colpisce ancora il paese: la metà di tutte le ragazze si sposa prima del compimento dei 18 anni e molti di questi matrimoni sono organizzati senza il consenso delle ragazze.

La disoccupazione è alta, in particolare tra i giovani e le donne, e i tassi di alfabetizzazione sono bassi, con solo il 32% della popolazione adulta in grado di leggere e scrivere. Anche la frequenza scolastica è bassa: il 22% dei bambini in età scolare non frequenta la scuola.

Si stima che il 73% dei bambini guineani lavori, il 61% impiegato come personale domestico. A causa di difficoltà economiche, le famiglie sono costrette a far lavorare i propri figli che, privati di un’istruzione di base, finiscono per lavorare nel settore informale come aiuto domestico, nei campi, a vendere prodotti per strada e nei mercati per lunghe ore, con una paga bassa e con poco o nessun cibo. Chi è stato qualche giorno nella capitale Conakry avrà sicuramente incontrato bambini di strada, esposti anche alla tratta di minori, nel circuito della prostituzione locale o vittime della tratta transfrontaliera, inviati in Mali, Sierra Leone o Costa d’Avorio per essere sfruttati.

Lo scorso ottobre in Guinea sono scoppiate manifestazioni di massa a seguito delle preoccupazioni che Alpha Condè, presidente dal 2010 dopo la morte di Lansana Conté, salito al potere con un colpo di stato militare nel 1984, stesse pianificando cambiamenti costituzionali che gli avrebbero permesso di estendere il suo lungo governo. Almeno trenta persone furono uccise, secondo quanto riportato dal quotidiano inglese The Guardian, e nel paese persiste una profonda sfiducia nel governo.

Il gruppo di opposizione riunito nel coordinamento del Fronte nazionale per la difesa della Costituzione (FNDC) ha accettato di sospendere le proteste a seguito della diffusione del virus, ma teme che il presidente usi strumentalmente la situazione per consolidare il suo potere, come ha esplicitamente detto il leader dell’opposizione Cellou Dalein Diallo, già Primo ministro dal dicembre 2004 all’aprile 2006.

L’ex colonia francese non può permettersi una miscela esplosiva di malessere politico e di un sistema sanitario molto carente, con l’ospedale principale della Guinea, in fase di ristrutturazione negli ultimi quattro anni, che ha dovuto riaprire improvvisamente all’inizio della pandemia.

Il numero di casi di contagio è aumentato costantemente da quando il primo è stato confermato il 13 marzo. L’ottantaduenne presidente Condé è andato, allora, avanti con il referendum costituzionale e le elezioni legislative del 22 marzo, nonostante la comparsa del virus e la condanna internazionale. Il capo della commissione elettorale morì di Covid-19 due giorni dopo l’annuncio dei risultati del voto del 22 marzo; politici di spicco tra cui ministri e funzionari di alto rango sono stati infettati.

Il 27 marzo 2020, il presidente Alpha Condé ha annunciato uno stato di emergenza e una serie di misure per frenare la diffusione di Covid-19, tra cui la chiusura dei confini, il divieto di grandi raduni, la chiusura delle scuole e la limitazione dei movimenti di Conakry. Tre giorni dopo, ha imposto il coprifuoco dalle 21:00 alle 5 del mattino e il 13 aprile ha ordinato l’uso obbligatorio delle maschere protettive e il prolungamento dello stato di emergenza fino al 15 maggio. Il presidente ha annunciato un piano di 243 milioni di euro per sostenere l’economia e aiutare i più bisognosi. Misure simili a quelle di altri paesi che, però, nel clima di sfiducia e tensione politica, sono viste con maggiore sospetto. Come emerge nel resto del mondo, il contenimento del virus richiede al governo di rafforzare la fiducia con la popolazione per garantire il rispetto delle distanze sociali e gli altri comportamenti protettivi. Come ha dichiarato Ilaria Allegrozzi, ricercatrice senior in Africa presso Human Rights Watch, l’esperienza Ebola dovrebbe aver insegnato che in un paese afflitto da un sistema sanitario debole, il coinvolgimento e la fiducia delle comunità locali è fondamentale.

La Guinea, infatti, ha un’esperienza diretta con le malattie infettive, essendo stata devastata dall’Ebola tra la fine del 2013 e il 2016; ufficialmente Più di 2 mila e 500 persone sono morte a causa della febbre emorragica. Come durante l’epidemia di Ebola, i secchi d’acqua sono riapparsi nelle strade per incoraggiare il lavaggio delle mani. Tuttavia, in un clima di sfiducia politica, i guineani non sono portati a rispettare con un minimo di fiducia le restrizioni imposte dal presidente Condé e dal suo governo. La necessità di contrastare a povertà, la necessità cioè di uscire all’aperto per guadagnarsi da vivere, si aggiungono alle difficoltà.

Il distanziamento sociale è «praticamente estraneo alla nostra cultura», ha affermato il sociologo Alpha Amadou Bano Barry, intervistato dal quotidiano di proprietà del governo della Namibia New Era.

La Guinea affronta la crisi sanitaria, mentre il boicottaggio delle elezioni parlamentari dello scorso marzo e gli incerti sviluppi delle elezioni presidenziali previste entro la fine del 2020, con il presidente Condé che non dovrebbe essere ricandidabile a conclusione di due mandati di cinque anni, ma che potrebbe fare affidamento sui limiti di due termini di sei anni fissati dalla nuova costituzione per avere davanti a sé altri la prospettiva di ulteriori 12 anni di mandato presidenziale, fino a 94 anni di età, aumenta il rischio di violenza etnica e politica che paralizza le attività economiche nel paese.

In Guinea come altrove la pandemia sa mietendo vittime e, al contempo, lascia nella gran parte della popolazione tracce latenti di cui è al momento impossibile capire la profondità, cicatrici che peseranno sulla crescita di bambini e ragazzi, soprattutto di quelli più vulnerabili e in condizioni disagiate.