Fino all’inizio del 2014 a Cuba erano state concesse al settore privato nazionale soltanto 19 linee di credito; un numero insufficiente, considerati gli oltre 471.000 lavoratori autonomi esistenti nel paese. I servizi di microfinanza non hanno ancora consolidato una presenza effettiva che sia in grado di contribuire alla strategia di sviluppo nazionale.
Il settore privato a Cuba – ufficialmente denominato “settore dei lavoratori autonomi” [Trabajadores por cuenta propia, TCP] – ha naturalmente risentito dell’istituzione nel paese di un’economia di tipo socialista, avvenuta nel 1960. L’applicazione dei principi e dei postulati marxista-leninisti non lasciava spazio all’ideolologia capitalista e alle forme basate sulla proprietà privata; tuttavia, proprio a partire dalla teoria marxista, si può verificare l’effettiva esistenza di forme capitalistiche all’interno del modello di economia socialista cubana. La riapertura del settore privato costituisce una delle più importanti azioni di riforma economica nel quadro del cosiddetto “Aggiornamento del modello economico cubano” (Actualización del Modelo Económico Cubano) e ha comportato un gran numero di questioni riguardanti le forme di gestione, finanziamento e supporto a questo settore emergente.
Lo stato cubano ha una limitata esperienza nel trattare col settore privato, che per la prima volta sta conoscendo nuove libertà grazie alla sua evoluzione. È opportuno aggiungere – pur senza addentrarci nella storia e nella complessità del settore privato cubano – che durante i primi 18 anni di attività a partire dal 1993, anno in cui per la prima volta si consentì lo sviluppo di questo settore nel quadro delle riforme introdotte durante il “periodo speciale”, lo stesso comprendeva solo 45 attività autorizzate ad agire in proprio. È solo nel 2011 che, in seguito alle riforme allora attuate, il settore si è ampliato fino a includere 201 attività, anche se rimane a tutt’oggi concentrato nel settore dei servizi non professionali e della produzione di beni materiali a bassissimo valore aggiunto e con scarsi livelli di specializzazione.
Nel tentativo iniziale di sviluppare il settore in modo equilibrato e sostenibile, in sintonia con il resto dell’economia, uno dei principali ostacoli alla crescita è stato identificato nell’accesso quasi nullo ai finanziamenti da parte dei nuovi imprenditori privati. Ed è così che è stata avviata un’indagine sistematica sulle esperienze internazionali, sulle possibili soluzioni e strategie di sviluppo, che ha visto coinvolti i competenti organi amministrativi, insieme alle università e ai centri di ricerca.
In questo quadro, nel novembre 2011 è stato varato il decreto legge n.289, contenente una nuova opzione di credito per le persone fisiche, unitamente ad altri servizi bancari offerti dalla Banca centrale senza la partecipazione di istituzioni finanziarie private, straniere o nazionali, espressamente destinati a lavoratori autonomi (TCP), piccoli agricoltori (AP) e ad altre forme di imprenditoria non statale (GNE).
Un aspetto interessante di questo nuovo servizio di credito è che viene erroneamente ritenuto un nuovo strumento microfinanziario introdotto nel paese sulla scia del successo della microfinanza nel mondo, e in particolare in America Latina, come fattore di sviluppo e di riduzione della povertà estrema nella regione.
Urge perciò chiedersi se (i) ci troviamo in presenza dell’applicazione di meccanismi microfinanziari a Cuba e stiamo perciò assistendo all’approdo della microfinanza nel paese, oppure se, più semplicemente, non si sta utilizzando il più tradizionale canale di credito bancario. Inoltre, volendo evitare di commettere gli errori del passato nel costruire un nuovo futuro, dobbiamo domandarci se (ii) la microfinanza – intesa nella sua accezione internazionale – possa davvero costituire la soluzione più percorribile, o quantomeno quella di cui ha bisogno Cuba per dare nuovo impulso al settore privato con mezzi efficaci.
Per questo è innanzitutto importante riconoscere che il settore microfinanziario, soprattutto in America Latina, ha conosciuto profonde trasformazioni dalla sua comparsa verso la fine degli anni ’80 in poi, e che ancora oggi presenta peculiarità che lo contraddistinguono dai servizi microfinanziari dei paesi del sudest asiatico. Così come va ricordata l’esistenza di due scuole di pensiero in ambito accademico sul tema dell’efficacia del microcredito: una ottimista e di dubbia validità e un’altra, meno positiva, che si basa sui risultati effettivamente ottenuti ai fini dello sviluppo in America Latina.
In questo senso sono largamente noti i casi in cui le più importanti istituzioni di microfinanza (Micro-finances Institutions, MFIs) hanno elargito fondi ad alcuni accademici perché pubblicassero relazioni e articoli scientifici per esaltare i successi e l’efficacia degli strumenti microfinanziari, valutati da queste istituzioni in termini di eliminazione della povertà e riduzione della disoccupazione, con l’obiettivo di attrarre un numero sempre maggiore di clienti. D’altra parte, vari e prestigiosi studiosi hanno scritto a difesa della verità, basandosi sulla più dura realtà latinoamericana della povertà e della disuguaglianza, e dimostrando come la costruzione delle serie storiche di dati e dei modelli econometrici usati dai colleghi più “ottimisti” non abbia incorporato le anomalie che caratterizzano le realtà del settore.
In ogni caso la microfinanza – intesa come l’insieme di microcredito, microrisparmio, microassicurazioni sanitarie e sulla vita, trasferimenti di denaro, prestiti di gruppo e di solidarietà, requisiti di risparmio pre-prestito, micro-leasing e strumenti e sistemi nuovi e moderni di pagamento, o ancora come servizi di consulenza economico-finanziaria, servizi di formazione specialistica individuale e di gruppo, o di monitoraggio e di metodologia di lavoro – costituisce una categoria ad hoc, completamente progettata sulle condizioni specifiche di alcuni paesi e non generalizzabile o completamente esportabile nei suoi contenuti e dimensioni.
Prima di proseguire con questo ragionamento, è importante conoscere il comportamento dei servizi di credito a Cuba, per poter poi stabilire se esistano o meno servizi del genere nel paese.
A partire dalla sua comparsa, il credito inteso come possibilità reale a disposizione dei lavoratori autonomi, nonostante la campagna pubblicitaria per promuoverlo, non ha avuto il previsto livello di approvazione da parte delle autorità bancarie (cfr. Tabella 1). Ciò è dovuto a molteplici fattori, alcuni inerenti alle deformazioni strutturali del sottosviluppo cubano, altri dovuti a un’interpretazione erronea di determinate variabili e all’errata applicazione della politica in relazione agli obiettivi finali.
Tabella 1. Comportamento del credito per attività selezionate, 2012-gennaio 2014
Come si può constatare nella Tabella 1, fino all’inizio del 2014 erano stati concessi solo 19 crediti a lavoratori autonomi (TCP); se ad essi aggiungiamo i piccoli agricoltori (AP), vediamo come di oltre 5.000 richieste di credito, solo 20 erano state approvate dal Comitato di credito della Direzione della Banca Corporativa del Banco Metropolitano, ente responsabile della concessione di crediti par la Città dell’Havana. Ciò spiega la tiepida reazione degli oltre 120.000 lavoratori autonomi della città di fronte alla possibilità di accedere al credito, visto che solo il 4% di essi si è effettivamente rivolto agli uffici commerciali per accedere a questo nuovo prodotto bancario.
Va inoltre notato che il credito offerto dal Banco Metropolitano (BanMet) non ha le caratteristiche del microcredito, né si conforma alla realtà cubana, ma ricorda piuttosto il credito bancario tradizionale, visto che l’importo minimo del credito (1.000 Pesos cubani, CUP) è ben lontano da quello che potrebbe essere considerato un microcredito a Cuba. Inoltre, la lista di garanzie richieste dalla banca essenzialmente contraddice il concetto di microcredito, visto che in base all’esperienza internazionale i microcrediti nel tempo sono stati accompagnati da sempre minori garanzie.
Nel caso cubano – e data l’origine del credito (la Banca statale) – i microcrediti esigono le garanzie richieste dall’entità bancaria, che inizialmente consistevano solo in garanzie liquide e che successivamente, a partire dalle istruzioni no. 1 e 2 della Banca centrale di Cuba (Banco Central de Cuba, BCC), le risoluzioni no. 80 del Ministero delle finanze e dei prezzi (Ministerio de Finanzas y Precios, MFP), no. 32 del Ministero per l’economia e la pianificazione (Ministerio de Economia y Planificacion, MEP) e no. 12 della BCC, tutte del 2013, sono state estese a cambiali e ipoteche.
Prima di tutto, la stragrande maggioranza dei lavoratori autonomi non possiede beni sufficienti da poter impegnare a garanzia del credito richiesto, mentre quelli che invece potrebbero offrirli sono frenati dalla sottovalutazione degli immobili nelle quotazioni ufficiali, rispetto al valore del bene e ai prezzi del mercato informale.
A questo si aggiunga che nel paese non esistono né servizi di micro-leasing né la possibilità di accedere a prestiti collettivi e di solidarietà per gruppi di lavoratori autonomi; inoltre sussiste una completa assenza di investitori privati, nazionali ed esteri che siano autorizzati a costituire fondi di investimento per finanziare piccole imprese private, così come non ci sono uffici pubblici per la consulenza e il monitoraggio delle attività autonome. Tenendo conto delle ovvie difficoltà di confrontarsi con attività relativamente nuove e dell’assenza di servizi di consulenza per l’amministrazione delle nuove imprese, si potrebbe affermare che il settore avanza al ritmo di ciò che apprende empiricamente, giorno dopo giorno.
Potremmo perciò concludere che la microfinanza, così come definita nel resto del mondo, a Cuba non è ancora arrivata. Nonostante i tentativi governativi di promuovere il settore privato come fonte di occupazione alternativa e anche produttiva, la canalizzazione di questo obiettivo attraverso la politica del credito ha assunto solo la forma più tradizionale di concessione di crediti, lasciando per il momento da parte l’inclusione dei servizi di microfinanza.
Passiamo ora al secondo quesito formulato sopra, e più precisamente al fatto che la microfinanza non può di per sé essere trasferita da un paese a un altro, a meno che non sia prima oggetto di trasformazioni teoriche e operative per adattarla alle condizioni specifiche di ciascun paese, nel nostro caso Cuba. È importante ricordare che nel corso dell’attuale processo di riforma dell’economia cubana, l’uso di strumenti di microfinanza unitamente al canale del credito tradizionale e ad altre politiche di sostegno all’imprenditoria in generale, e a quella privata in particolare, potrebbe facilitare le dinamiche di settore e contribuire allo sviluppo del paese.
Nel nostro caso, come primo passo bisognerebbe ridefinire o formulare ex-novo un concetto adeguato di microfinanza per Cuba, che si basi sulle caratteristiche del settore cui il credito è destinato – quello delle Micro-PMI (Micro, Pequeñas y Medianas Empresas, Micro-PYME) del settore privato nazionale – e che risponda alle sue esigenze, il che equivarrebbe a concedere personalità giuridica a queste società, condizione che però non si è ancora verificata.
Per questo sarà essenziale sviluppare prodotti e servizi microfinanziari mirati alle imprese che dovranno usufruirne. Parallelamente, sarà necessario identificare un prodotto di credito bancario tradizionale che si faccia carico delle società più grandi che non hanno bisogno di microfinanziamenti, e quindi specializzare la politica del credito per l’intero settore imprenditoriale al fine di accrescerne l’efficienza.
Allo stesso tempo, considerate le lacune manifestate dalla Banca centrale nel soddisfare le esigenze delle piccole imprese private nel paese, l’adozione di un quadro giuridico che consenta la creazione di fondi di investimento da parte di cittadini privati e l’inclusione di altri fondi, in questo caso stranieri, autorizzati a investire direttamente nel settore privato nel paese, potrebbe costituire una soluzione di prima mano per le esigenze di finanziamento del settore.
Anche la riorganizzazione e la riforma della struttura della pubblica amministrazione, delle competenze della Banca centrale e del quadro giuridico necessario per favorire la progressiva comparsa delle nuove figure necessarie all’economia rivestono una vitale importanza. Ugualmente importante è la formulazione di un quadro normativo che stabilisca le competenze di ciascuna entità, ne limiti la portata e di conseguenza ne penalizzi le irregolarità.
È altresì molto importante la messa a punto di nuovi prodotti di microfinanza. È fondamentale per rilanciare il settore quell’aspetto del microcredito che prevede importi minimi, che accolgano le reali esigenze dei clienti, così come una corretta analisi del rischio da parte degli istituti di credito. Le garanzie giocheranno un ruolo chiave in tal senso. Se questi prodotti di microfinanza provenissero da istituzioni private – siano esse nazionali, straniere o organizzazioni non governative – le procedure di garanzia sarebbero notevolmente semplificate, soprattutto se unite a un buon lavoro di analisi dei rischi. Le modalità di prestito a fondo perduto, con garanzie di gruppo o con livelli molto bassi di garanzia, diverrebbero così prodotti di prima linea.
La creazione di uffici pubblici di sostegno alle piccole imprese potrebbe essere di complemento a questi nuovi prodotti finanziari. Nel caso specifico di Cuba, un’alleanza tra gli uffici pubblici specializzati in queste attività e le università potrebbe portare a un guadagno in efficienza e a notevoli risparmi, specialmente per quelle Micro-PMI che non abbiano la capacità finanziaria di accedere questi servizi.
Un processo continuo di fusione tra le realtà esistenti e la creazione di nuove istituzioni progettate specificamente per questo settore (e per quello nascente delle cooperative non agricole) ne faciliterebbe l’aggregazione funzionale nella strategia di sviluppo del paese.
Infine, la relazione tra le diverse istituzioni e il settore privato nazionale è un aspetto fondamentale per raggiungere i più ampi obiettivi di sviluppo della nazione e, nello specifico – come previsto nel progetto di costituzione approvato il 24 febbraio scorso – lo sviluppo delle Micro-PMI nazionali.
Nonostante la volontà politica dello Stato, e delle sue varie unità amministrative, di perfezionare il quadro normativo di riferimento del settore, non esistono le misure in grado di fornire una risposta coerente alle principali barriere giuridico-organizzative che ancora oggi si trovano ad affrontare i lavoratori occupati in questo segmento del mercato del lavoro.
È vero che nell’ultimo semestre sono state formalizzate riforme che risolvono problemi specifici, come il tipo e il contenuto delle licenze operative che possono essere richieste, o come il collegamento con le diverse entità bancarie cubane. Allo stesso modo, è stato accolto con favore l’annuncio di un insieme di misure previste in un prossimo futuro intese a perfezionare il trattamento di una serie di attività.
Tuttavia, non sono stati ancora affrontati e risolti alcuni nodi essenziali che per decenni hanno afflitto lo sviluppo efficiente del settore e le sue relazioni con lo Stato e il settore imprenditoriale statale, come l’assenza di personalità giuridica del settore privato, o l’attenzione agli uffici per i reclami o per la concorrenza, o ancora le strutture per la rendicontazione e per la totale trasparenza delle gare pubbliche.
Per raggiungere tale coerenza di ingranaggi tra i diversi tipi di impresa e i settori economici nazionali è essenziale, come prima e più importante azione, l’elaborazione, l’approvazione la promulgazione della tanto attesa Legge sull’imprenditoria (Ley de Empresas), che stabilisce i parametri entro i quali il settore imprenditoriale nazionale dovrebbe operare. Così come si rende necessario l’aggiornamento di quelle istituzioni di settore che ancora operano con una mentalità obsoleta, basata su vecchi paradigmi. Il miglioramento e la specializzazione di nuove strutture mirate unicamente al soddisfacimento delle esigenze di questo settore, che storicamente ha mostrato un potenziale enorme e che rappresenta ormai circa un quinto dell’economia nazionale, sono essenziali, non solo per permettere un solido sviluppo economico del paese, ma anche per raggiungere una stabilità economico-sociale dei cittadini che possa contribuire al benessere generale della nazione.