La crescita degli ultimi 25 anni ha imposto significativi costi ambientali al Vietnam: tra questi, il rapido consumo ed il peggioramento dello stato di alcune risorse naturali e l’inquinamento derivante dalle acque reflue delle città e delle industrie.
Secondo il vice-presidente del Vietnam Panel on Climate Change, il Vietnam è uno dei paesi più colpiti dal cambiamento climatico. I terreni e le attività economiche vicini al delta del fiume Mekong sono esposti ad un rischio particolarmente grave. Negli ultimi anni, l’aumento delle emissioni di gas serra in Vietnam è stato uno dei più alti del mondo, con la temperatura che è cresciuta di circa 0,62 gradi centigradi dal 1985 al 2014. Il numero di giornate calde è aumentato mentre i periodi di freddo inaspettato sono diventati più frequenti.
Il consumo di suolo è un problema serio, vista la topografia (tre quarti del paese sono coperti di colline e montagne), il cambiamento delle caratteristiche del terreno, la vegetazione, l’andamento delle precipitazioni e le condizioni climatiche di alcune zone (Bao e Laituri, 2011). Sugli altipiani, l’espansione delle piantagioni di caffè ha portato alla deforestazione e ha compromesso il terreno. La monocoltura del caffè è tra le cause dell’impoverimento del suolo, specialmente laddove le piantagioni si trovino su superfici ripide.
Il peggioramento della qualità delle risorse idriche e la loro diminuzione causata dal cambiamento climatico e dal crescente sfruttamento (sia dentro che fuori il Vietnam) sollevano preoccupazioni sulla disponibilità di acqua in futuro. Fino a tempi recenti, circa l’80% del prelievo di acqua nel Paese era effettuato per scopi agricoli. Inoltre, il “reengineering” dei delta del Fiume Rosso e del Mekong ha alterato l’equilibrio naturale dell’ecosistema. Il mutamento delle correnti delle acque superficiali all’altezza del delta del fiume Mekong sta portando all’arrivo di acqua salmastra nell’entroterra, danneggiando la fertilità del suolo, modificando l’equilibrio salino e rappresentando un rischio per gli habitat acquatico e terrestre. Inoltre, i Paesi a monte del fiume Mekong hanno effettuato lavori di ingegneria idraulica (come la costruzione di bacini e laghi artificiali) riducendo il flusso d’acqua verso il Vietnam e rendendolo più variabile.
Nonostante la superficie delle foreste del Vietnam sia aumentata dal 29% dell’area totale del paese nel 1990 al 45% nel 2013 (dopo che era scesa dal 72% del 1909), il fenomeno di riduzione delle aree boschive è andato avanti. Negli ultimi vent’anni, le “foreste primarie”, o vergini, sono diminuite del 79% (Trurong Quang Hoc, 2012). L’industria del legname è il maggior responsabile del consumo di alberi e alla deforestazione ma esistono altre cause meno evidenti: tra queste, l’abbattimento dei tronchi e il sistema di raccolta del legname con pratiche inefficienti effettuato dagli abitanti delle zone rurali. Lo sfruttamento legale porta alla degradazione delle foreste. Tale fenomeno avviene quando grandi industrie autorizzate dal governo effettuano operazioni di mietitura finalizzate all’esportazione del legname e alla produzione della carta. Il deterioramento si ha anche quando attori più piccoli operano senza il permesso del governo o senza alcuna autorizzazione. Con la popolazione che cresce e si arricchisce, si prevede che la domanda di terreni, carta e legname arrivi a competere con quella tradizionale di legname da ardere. Ciò è ancor più probabile se non saranno a disposizione degli abitanti delle zone rurali combustibili più moderni. La previsione della domanda regionale di truciolato e quella dell’industria globale del legname probabilmente aumenteranno la pressione sul settore danneggiando ulteriormente le foreste.
Uno dei maggiori problemi ambientali è l’inquinamento idrico. La grande quantità di acque di scarto dagli impianti di acquacoltura nel sud del Paese minaccia la qualità dell’acqua del delta del Mekong. Gli allevamenti di gamberi vietnamiti hanno inquinato le acque circostanti e, allo stesso tempo, hanno subito gli effetti della scarsa qualità delle risorse idriche. I responsabili degli allevamenti intensivi di gamberi usano spesso grandi quantità di agenti chimici e antibiotici per mantenere in buona salute i gamberi stipati in piccole vasche. Gli scarichi di questi contenitori, che hanno al loro interno anche grandi quantità di scarti organici, contaminano le acque circostanti fino alle zone costiere. Le acque reflue urbane sono la maggior causa di inquinamento dell’acqua in molte parti del Vietnam. Questo significa che ora e in futuro, la purificazione, la raccolta e il trattamento delle acque di scarto saranno fondamentali per migliorare la qualità delle risorse idriche.
Inoltre, gli impianti industriali riversano circa un milione di metri cubi di acqua di scarto non trattata al giorno, circa il 70% del totale, direttamente nei bacini acquiferi. Livelli alti di inquinamento hanno implicazioni serie per la salute umana e per gli ecosistemi naturali, pongono vincoli allo sviluppo urbano, alla sostenibilità e alla futura crescita dell’industria e dell’agricoltura.
Tra le lacune della regolamentazione del Vietnam c’è il fatto che esistono politiche per la promozione della crescita industriale che non considerano l’inquinamento ambientale che ne deriva. Un altro difetto è la scarsa entità di fondi investiti e di personale a disposizione per effettuare operazioni di monitoraggio ambientale.
La crescita del consumo di fonti di energia fossile dell’industria e degli impianti a carbone del nord del Vietnam sta aumentando l’inquinamento dell’aria. Le immagini dei satelliti mostrano alti livelli di polveri sottili intorno Hanoi, che si avvicinano ai tassi della Cina e che superano di gran lunga i livelli di sicurezza raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Molte organizzazioni internazionali stimano che il Vietnam sia uno dei cinque paesi asiatici che riversano più plastica in mare. Con 13 milioni di tonnellate di rifiuti versati nell’oceano ogni anno, il Paese si classifica al diciassettesimo posto al mondo per inquinamento da plastica degli oceani. Pur non essendoci statistiche ufficiali della quantità e varietà di plastica nel mare vietnamita e nelle isole, i rifiuti di questo materiale sono facili da osservare nelle acque del Vietnam e nei 112 estuari del Paese che portano la plastica direttamente nell’oceano. Alcuni grafici della Viet Nam’s Association of Plastic mettono in evidenza la portata del problema. Nel 1990, ciascun vietnamita consumava 3,8 chili di plastica all’anno ma 25 anni dopo il numero è balzato a 41 chili. Circa 1000 buste di plastica vengono usate ogni minuto ma solo il 27% di esse viene gettato regolarmente e riciclato.
Nel 2014, la Legge sulla Protezione Ambientale del Vietnam è stata modificata ed è diventata un importante strumento legale per implementare con successo la Strategia Nazionale sul Cambiamento Climatico, la Strategia Nazionale sulla Crescita Verde e la Strategia Nazionale sullo Sviluppo Sostenibile del Vietnam nel periodo tra il 2011 e il 220. Le modifiche apportate alla Legge hanno segnato alcuni passi avanti: ad esempio, è stato inserito un articolo specifico che stabilisce che le comunità locali debbano essere consultate per effettuare un’analisi dello stato delle risorse naturali. Ciononostante, la stessa legge contiene un altro articolo (l’art. 75), che permette l’importazione di vecchie grandi imbarcazioni al fine di effettuarne lo smaltimento e che solleva alcune preoccupazioni. Secondo le valutazioni degli esperti, quando si smaltisce un vecchia imbarcazione, una percentuale significativa del rifiuto, tra il 5 e il 7%, è costituita da materiale che contiene amianto, batterie, chip elettronici, acqua sporca, carburante, composti del piombo, mercurio, senza contare gli oggetti radioattivi… questo tipo di rifiuti provoca inquinamento ambientale e genera pericoli per la salute delle persone, causando malattie gravi tra cui il cancro e alcune patologie mentali. Perciò, assieme all’implementazione di vari progetti di protezione ambientale e a politiche di incentivi al commercio straniero, il Vietnam sta proseguendo nello sviluppo e nel miglioramento di specifici regolamenti e documenti nel quadro delle leggi vigenti che limitano il potenziale rischio di inquinamento.