Migrazione economica verso l’Europa: il punto sulla Costa d’Avorio.
La Banca mondiale, nel suo rapporto del settembre 2018, ha affermato che il 56% della povertà estrema del mondo colpisce le popolazioni dell’Africa sub-sahariana. Secondo le stime della Banca (Going Above And Beyond To End Poverty: New Ways Of Measuring Poverty Shed New Light On The Challenges Ahead, 2018) questa popolazione povera, che sta crescendo esponenzialmente nel corso degli anni, rappresenterà quasi il 90% della povertà globale nel 2030. La diffusione della povertà non è soltanto conseguenza di una mancanza di reddito, ma si manifesta in varie forme, tra cui, per citarne solo alcune: (i) basso livello di istruzione, (ii) alti livelli di insicurezza pubblica, (iii) scarsità o assenza di politiche di salute pubblica, (iv) difficile accesso ai beni di prima necessità, (v) condizioni di vita precarie e (vi) aumento della disoccupazione.
Una delle soluzioni trovate, e giudicata tra le migliori da queste popolazioni, è quella di migrare verso i paesi della regione considerati più prosperi (Sudafrica, Senegal, Nigeria, Costa d’Avorio), oppure verso l’Europa.
Nel caso particolare della Costa d’Avorio, negli ultimi anni, nonostante il successo economico caratterizzato da forte crescita e stabilità politica, stiamo assistendo a un aumento della mobilità, per la maggior parte irregolare, da parte di giovani ivoriani che si dirigono verso l’Europa, spinti dalla disoccupazione (ufficialmente il tasso è del 2,6% secondo le stime dell’Organizzazione internazionale del lavoro [International Labour Organization, ILO], ma questo dato sottostima la realtà in un contesto in cui prevale l’economia informale) e incoraggiati dai social network che descrivono l’Europa come fosse un Eldorado.
La questione occupazionale in Costa d’Avorio è da diversi anni un tema cruciale. Una grande maggioranza della gioventù ivoriana preferisce il lavoro autonomo, in attività legate all’agricoltura o in altri settori, piuttosto che dedicarsi alla ricerca di un’occupazione dipendente. L’indagine nazionale sulla situazione dell’occupazione e del lavoro minorile (Enquête nationale sur la situation de l’emploi et du travail des enfants, 2013) ha rilevato che il 47,5% del lavoro autonomo riguarda l’agricoltura, mentre il 29,7% si colloca in altri settori, per la maggior parte in quello informale. In Costa d’Avorio vi è un gran numero di posti di lavoro informali (il 73% dell’occupazione precaria nel 2017) che non presentano le caratteristiche associate a un impiego dignitoso, come la sicurezza sociale. Inoltre, secondo il rapporto della Banca Mondiale del 2017 intitolato Côte d’Ivoire jobs diagnostic: employment, productivity and inclusion for poverty reduction più di 3 disoccupati su 4 sono di lunga durata (disoccupati da un anno). La durata della disoccupazione e la frequente assenza di condizioni di lavoro dignitose hanno incoraggiato i giovani ivoriani a migrare verso l’Europa.
Questi giovani, arrivati principalmente da città dell’interno come Daloa e Odienné, intraprendono viaggi pericolosi, che spesso costano loro la vita, alla ricerca di questo Eldorado europeo.
Per poter iniziare la loro migrazione economica questi giovani mettono insieme una somma da 700 a 1500 Euro, che permette loro di intraprendere il viaggio in clandestinità verso l’Europa passando per il Niger e poi la Libia, i due paesi principali lungo la rotta di questo traffico.
Secondo un rapporto dell’Alto Commissariato per i Rifugiati (UNHCR), tra il 2015 e il 2017 circa 30.000 ivoriani hanno fatto richiesta di asilo in Europa. Nel 2017 secondo Frontex (2018) (Annual Risk Analysis for 2018) sono 12.913 gli ivoriani che hanno varcato i confini europei irregolarmente, dei quali 12.759 via mare. Ciò pone la Costa d’Avorio al terzo posto tra i paesi col maggior numero di richiedenti asilo in Europa, dietro Siria e Nigeria. Il governo ivoriano confuta queste statistiche per diverse ragioni, principalmente per i dubbi sull’effettiva cittadinanza ivoriana dei migranti irregolari. Il governo ritiene infatti che le domande poste ai migranti irregolari per la loro identificazione non permettano di determinarne la reale nazionalità; e sostiene che un certo numero di migranti irregolari sono, sì, transitati o hanno soggiornato in Costa d’Avorio, ma non sono di nazionalità ivoriana, se si considera tra l’altro l’uso frequente di documenti falsi e il fatto che la nazionalità ivoriana non si acquisisce per ius soli, ma solo attraverso ius sanguinis e naturalizzazione.
Soltanto dal 2017, a seguito della diffusione sui social network e altri media internazionali di notizie sui pericoli che correvano in Libia i migranti clandestini – come quelle relative alle aste di migranti venduti come schiavi neri – il governo ivoriano si è dimostrato più attento a questo flagello; così, con l’aiuto dell’Organizzazione mondiale sulle migrazioni (IOM), ha rimpatriato diversi cittadini ivoriani che stavano subendo questo calvario. Si è dunque registrato il rientro volontario di oltre 1.800 migranti, più di 1.400 dei quali hanno partecipato al Programma di protezione e reintegrazione dei migranti nell’ambito dell’iniziativa comune del Fondo fiduciario UE-IOM. Secondo l’IOM, il 5% di questi migranti in provenienza dalla Libia prima di intraprendere il proprio viaggio lavorava in agricoltura, mentre l’80% affermava di aver lasciato il paese in cerca di lavoro o di opportunità economiche.
In Costa d’Avorio non esiste una politica migratoria globale e quelle sull’emigrazione sono quasi inesistenti (International Centre for Migration Policy Development e IOM, marzo 2015). Tuttavia, al fine di arginare questo fenomeno, il governo ivoriano persegue varie politiche volte piuttosto ad affrontare le cause profonde della migrazione (disoccupazione e povertà). Infatti, nel 2013 è stato avviato un progetto di interazione tra politiche pubbliche, migrazione e sviluppo in Costa d’Avorio (projet d’Interactions entre politiques publiques, migrations et développement) che ha offerto programmi di formazione professionale finalizzati a creare migliori opportunità di lavoro per questi giovani, riducendone così il bisogno di emigrare (OCSE/Centre Ivorienne de Recherche Économique et Sociale, 2017). Sono stati condotti anche programmi di sensibilizzazione dei giovani sui rischi legati alla migrazione irregolare. La soluzione della questione migratoria non è facile, dal momento che richiede un approccio multidimensionale; tra l’altro, fino a quando le politiche del governo, come quelle per la sensibilizzazione e l’inclusione dei giovani non riusciranno a migliorarne effettivamente il livello di benessere, l’immigrazione irregolare continuerà ad aumentare, secondo il leitmotiv dei migranti che recita: “Se non rischi, non ottieni nulla”.
Ciò che questi richiedenti asilo ignorano è che è molto difficile per i migranti ottenere i permessi di residenza, soprattutto per coloro che provengono da paesi sicuri e caratterizzati da crescita economica e stabilità politica, come la Costa d’Avorio.
Sono state proposte varie soluzioni di breve e di lungo periodo, tra cui il fondo fiduciario per l’integrazione e l’inserimento dei migranti, lanciato dall’Unione europea e dall’IOM; analogamente, anche l’Unione africana dovrebbe costituire un fondo fiduciario per l’integrazione. Inoltre, così come dimostrato da vari studi (Costantine, 2017; Ndlela e Nkala, 2003; Vu, 2017) sulla performance economica della maggior parte dei paesi subsahariani – come la Costa d’Avorio, in cui soltanto il 2,6% degli occupati è impiegato nel settore industriale (dati IOM) – i paesi dell’Unione africana dovrebbero modificare la propria struttura economica, oggi trainata dal settore agricolo che non crea molti posti di lavoro ed è dominato dalle multinazionali, promuovendo piuttosto il settore industriale e quello dei servizi, che offrono molte più opportunità di lavoro.
Come dimostra l’esperienza dei paesi emergenti, il “dividendo demografico”- anche definito “coefficiente di inattività”, pari al rapporto tra popolazione inattiva (bambini sotto i 15 anni e persone oltre i 65 anni) e popolazione attiva – magari associato a un basso tasso di fecondità, al miglioramento del capitale umano e alla creazione di posti di lavoro, potrebbe costituire un’eccellente opportunità per la Costa d’Avorio (il 42,7% della popolazione è di età inferiore a 15 anni) e per tutti quei paesi africani che conoscono una rapida crescita demografica non accompagnata dal lavoro e associata a un maggiore rischio di disordini sociali o malcontento (African Development Bank, 2018). Le proiezioni dell’Ufficio nazionale per la popolazione (Office National de la Population) della Costa d’Avorio indicano che il Prodotto interno lordo pro-capite, che nel 2018 si collocava al di sotto di 2.000 USD, dovrebbe arrivare a 12.390 USD nel 2053, per effetto della crescita della competitività ai livelli previsti associata alla pianificazione familiare e all’istruzione (Hinin, 2016). Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, il tasso di fertilità totale (TFR) nel 2050 sarà di 1,90 (ovvero 1,90 bambini per donna) con un tasso di crescita della popolazione dello 0,8%.