I fattori di migrazione in Africa centrale
Alla vigilia dell’adozione del Patto mondiale sulle migrazioni sicure, ordinate e regolari
Nella subregione dell’Africa centrale le migrazioni internazionali hanno conosciuto da qualche anno a questa parte un’intensificazione, sia nel numero delle partenze che in quello degli arrivi e dei transiti. Tra il 1990 e il 2015 si è registrato un considerevole aumento delle partenze e degli arrivi che è risultato in un saldo migratorio positivo di oltre 277.000 persone nel 2015. Da questa dinamica emergono due sottosistemi migratori in funzione dei profili prevalenti dei migranti. Un primo profilo è costituito dai migranti forzati, provenienti da un sottosistema continentale caratterizzato dall’isolamento e gravato da varie sfide umanitarie, che è costituito dal Ciad e dalla Repubblica Centrafricana ma coinvolge anche la parte settentrionale del Camerun. Il secondo profilo si riferisce ai migranti volontari e configura un sottosistema affacciato sul mare e caratterizzato da importanti sfide economiche, che comprende il Gabon, il Congo, la Guinea equatoriale, Sao Tomé e Principe e la parte meridionale del Camerun.
L’analisi dei due sottosistemi migratori permette di individuare il peso fondamentale del fattore ambientale nella questione delle migrazioni internazionali in Africa centrale. Si tratta di un fattore ambivalente, che pesa in senso sia negativo che positivo. Il deterioramento ambientale costituisce il primo fattore di spinta migratoria nel sottosistema continentale: in quest’area, i cambiamenti climatici si traducono, tra l’altro, nel progressivo prosciugamento del lago Ciad, la cui superficie in pochi decenni si è ridotta del 90%, passando dai 25.000 kmq di trent’anni fa ai 2500 kmq attuali. Ne è derivata la progressiva scomparsa delle tradizionali attività di pesca, che ha costretto una buona parte della popolazione a emigrare verso sud alla ricerca di aree con un clima più clemente. I cambiamenti climatici sono anche la causa del degrado e perdita delle coperture forestali che comporta la diminuzione delle erbe da pascolo di questa zona della savana.
Sono tutti fattori di spinta alla mobilità per le popolazioni rurali dedite alla pastorizia, peraltro colpite dall’impossibilità di praticare le forme di mobilità precedenti l’indipendenza (intorno al lago Ciad, in interazione dinamica con le zone forestali del bacino del fiume Congo). Anche i vari conflitti generano una grande quantità di migranti forzati, caratteristica principale di questo sottosistema migratorio continentale dell’Africa centrale, fortemente connesso, in termini di relazioni migratorie, alle sottoregioni limitrofe (Sudan, Repubblica Democratica del Congo).
D’altro canto, le nuove aree strategiche successive all’indipendenza (come le Zone economiche esclusive del golfo di Guinea) evidenziano l’importanza del principio della valorizzazione ambientale che caratterizza il sottosistema migratorio oceanico. In questa regione, infatti, il tema dello sfruttamento delle risorse fossili si accompagna alla necessità di preservare la biodiversità del secondo bacino forestale del mondo, quello del fiume Congo, su cui si affacciano i quattro paesi che costituiscono questo sottosistema. Le difficoltà di adattamento delle popolazioni alle varie situazioni ambientali alimentano allo stesso tempo migrazioni interne e internazionali che rappresentano un serio dilemma per gli Stati della regione e che finiscono, quindi, per intrecciarsi con la questione ambientale e le strategie di sfruttamento economico delle risorse.
Dilemma aggravato dai fattori di emigrazione generati dall’accelerazione dell’esodo rurale, causato da un crescente impoverimento delle campagne e da un’urbanizzazione galoppante e molto spesso caotica, che le politiche non riescono a gestire in tempi reali. Ne derivano varie e potenti concause della spinta migratoria, comprese le necessità formative che favoriscono le migrazioni per motivi di studio, oppure le difficoltà occupazionali e l’aumento della povertà che alimentano migrazioni economiche sia regolari che irregolari, o ancora conflitti politici ed etnici, talvolta intrecciati, che determinano migrazioni forzate di prossimità o a lungo raggio, soprattutto nel sottosistema continentale.
I fattori di attrazione in Africa centrale sono quindi di due tipi. Da un lato i fattori economici, legati alle abbondanti risorse poco sfruttate di un sottosistema costiero scarsamente popolato, in cui la ricerca di occupazione e il commercio costituiscono le ragioni principali d’immigrazione per popolazioni originarie di altri paesi della sottoregione, ma anche provenienti dall’Africa subsahariana (in particolare modo da paesi della CEDEAO come Nigeria, Senegal, Mali, Benin, Togo e via dicendo); dall’altro lato, i fattori umanitari, prevalenti in un sottosistema continentale in pieno cambiamento socio-demografico, in cui la richiesta di asilo (rifugiati e simili da Repubblica Centrafricana, Sudan, Ciad e Repubblica Democratica del Congo) e di protezione (sfollati interni – in Repubblica Centrafricana, Sudan, Ciad e Repubblica Democratica del Congo) costituiscono le ragioni principali di migrazione. I ricorrenti conflitti in Africa, cui si aggiungono gli effetti negativi delle crisi ambientali e le relative difficoltà di adattamento, sono tutti fattori che possono spiegare l’aumento delle situazioni di vulnerabilità.
Il terrorismo (Boko Haram), i conflitti interetnici, i gravi deficit di democrazia, il malgoverno e i ritardi nello sviluppo vanno tutti ad alimentare i principali fattori di migrazione in Africa centrale, sollevando anche la questione dei diritti umani dei migranti, inserita tra i sei punti chiave della discussione sul Global Compact.
Raccomandazioni
L’Africa centrale si presenta come una subregione attraversata da vari tipi di migrazione volontaria e involontaria, in partenza, in arrivo o in transito. La gestione e la valorizzazione d’insieme di questi movimenti richiedono che gli Stati membri approfondiscano seriamente l’analisi dei vari fattori che ne sono alla base. Tali fattori – nel complesso fortemente collegati alle questioni ambientali – sono sia di origine naturale (come il cambiamento climatico che è motivo dello spostamento di varie popolazioni), sia di origine antropica, legati alle tensioni attorno alle risorse naturali e alimentati dalla generale inadeguatezza delle risposte politiche alle sfide di redistribuzione e di crescita della popolazione nella subregione. È dunque necessario che gli Stati dell’area tengano conto delle cause profonde delle diverse forme di migrazione: sia della migrazione forzata prevalente nel sottosistema continentale, in cui l’instabilità politica genera vari conflitti, sia delle migrazioni volontarie prevalenti nel sottosistema costiero, sotto la spinta di fattori economici e tensioni di confine.
Va data priorità alla progettazione e all’attuazione di politiche, strumenti, metodi e strategie per comprendere chiaramente le cause profonde delle migrazioni sia volontarie che forzate. Si potrebbero formulare alcune misure specifiche, tra cui:
- Mettere a punto strumenti istituzionali finalizzati alla produzione e al trattamento di dati che permettano di interpretare i fattori delle migrazioni, come centri d’eccellenza universitari, strutture nazionali di monitoraggio delle ricerche e dei lavori sui temi della migrazione
- Snellire le procedure per la circolazione e l’insediamento nella sottoregione rinforzando l’integrazione subregionale, sulla base della libera circolazione e della possibilità di emigrare regolarmente, in possesso della necessaria documentazione.
- Combattere gli ostacoli che costringono le popolazioni a subire le migrazioni piuttosto che sceglierle in una gamma di alternative finalizzate al benessere.
- Integrare ulteriormente i cambiamenti climatici e i fattori ambientali nelle politiche e nelle strategie di comprensione e valorizzazione delle migrazioni, sviluppando strumenti e metodiche di previsione, prevenzione e monitoraggio in grado di sostenere l’adattamento delle popolazioni e l’attenuazione delle conseguenze negative di questi fenomeni nella sottoregione.
- Rafforzare la cooperazione intracomunitaria e internazionale nel campo della governance delle migrazioni sia volontarie che forzate, promuovendo la garanzia dei diritti di emigrare legalmente, per scelta e non per costrizione.