Recentemente, le migrazioni irregolari sono diventate un motivo di preoccupazione globale a causa delle svariate conseguenze che comportano, tanto sui migranti quanto sui paesi di origine e di destinazione. Nei paesi di origine come l’Etiopia, la questione è in primo piano nel dibattito politico, nella ricerca accademica e nei summit nazionali ed internazionali. Nell’ultimo decennio la zona di Bale, nello stato regionale di Oromia, in Etiopia, è stata una delle aree in cui si è registrata un’impennata nel numero di migranti irregolari.
Alla luce di questa premessa, questo studio intende esaminare le cause e le conseguenze delle migrazioni irregolari e il loro impatto socio-economico sui migranti nella zona amministrativa di Bale. Per questa indagine sono stati selezionati appositamente quattro distretti e un’amministrazione comunale – Ginir, Gassera, Agarfa, Sinana e la città di Robe – sulla base della vastità del fenomeno migratorio.
I risultati hanno rivelato che i rimpatriati (returnees) maschi rappresentavano la maggioranza degli intervistati, sia nel gruppo generale dei rimpatriati (63%) che nel gruppo dei rimpatriati irregolari (75%), con la stragrande maggioranza (73%) di rimpatriati giovani in età compresa tra i 20 e i 29 anni. Inoltre, il 57% dei rimpatriati irregolari e il 41% di quelli regolari sono risultati provenire da famiglie formate da 4 a 6 membri. Il 51% dei rimpatriati irregolari e il 48% di quelli regolari dello studio erano in possesso di un livello di istruzione generale di secondo grado.
Per quanto riguarda le fonti di reddito, circa il 69%dei migranti e l’81% del gruppo di controllo costituito da intervistati non migranti faceva affidamento sull’occupazione attuale, mentre circa il 18 dei migranti e il 9,4% di non migranti hanno indicato le rimesse come fonte di reddito. Questi rimpatriati in generale avevano un reddito mensile compreso tra 100 e 3000 ETB (birr etiopi) prima di emigrare.
La ricerca ha anche evidenziato che le cause della migrazione sono significativamente associate a ragioni economiche, che hanno agito come fattori di spinta o di attrazione sul processo decisionale relativo alla migrazione. Di conseguenza, l’analisi descrittiva dei fattori di spinta e di attrazione dimostra che le opportunità economiche, o meglio la loro assenza nel luogo di origine o la loro presenza nel paese di destinazione, svolgono un ruolo primario nel motivare o spingere le persone a migrare. Disoccupazione e povertà rappresentano nell’insieme il 79% dei fattori di spinta riferiti dall’intero gruppo di migranti rimpatriati.
Inoltre, i dati suggeriscono che l’influenza degli intermediari è a sua volta un fattore di spinta non trascurabile. Circa il 15% dei rimpatriati, più precisamente il 15% dei rimpatriati irregolari e il 14% di quelli regolari, hanno indicato la persuasione esercitata dai mediatori tra i fattori di spinta all’immigrazione. In generale, si può perciò affermare che nelle aree esaminate le ragioni economiche (disoccupazione e povertà) sono stati i fattori di spinta all’immigrazione più importanti, sia per i migranti regolari che per gli irregolari. Le ragioni economiche in senso generale rappresentano tra il 79% e l’82 % dei fattori di spinta alla migrazione in tutte le categorie di rimpatriati. È emerso anche che i mediatori svolgono un ruolo non secondario nell’incoraggiare la decisione di emigrare.
Inoltre, l’analisi di regressione dello studio suggerisce che la scelta delle rotte migratorie e la vulnerabilità alla migrazione irregolare variano secondo il genere, l’età, il livello d’istruzione, le dimensioni della famiglia e la percezione delle opportunità di lavoro nei paesi di destinazione. Più specificamente, nelle aree studiate i giovani maschi dominano il campione, sia per l’emigrazione che utilizza meccanismi legali, sia per quella che passa attraverso quelli illegali. I maschi sono anche più inclini alla migrazione irregolare rispetto alle femmine. La probabilità di migrare in modo irregolare è sei volte superiore per i maschi, mentre le donne hanno una probabilità di ricorrere alla migrazione regolare tre volte maggiore rispetto alla loro controparte maschile.
Per quanto riguarda la scolarizzazione, è stato riscontrato che con l’innalzamento delle qualifiche scolastiche dei migranti, passando dal livello primario a quello secondario e poi a quello universitario, diminuisce la probabilità di migrazione irregolare. Ciò indica che le persone con titoli di studio più bassi sono più esposte alla migrazione irregolare rispetto a chi frequenta l’università o possiede qualche altra forma di istruzione avanzata.
La giovane età risulta essere un ulteriore fattore di vulnerabilità, visto che la probabilità di migrazione irregolare è quattro volte superiore nel gruppo di età compreso tra i 21 e i 25 anni rispetto a chi ha 35 o più anni.
Relativamente alla scelta della destinazione, una significativa maggioranza delle migrazioni irregolari risulta essere diretta verso gli stati arabi del Medio Oriente attraverso rotte irregolari, meno costose di quelle regolari.
In particolare, i principali motivi identificati dallo studio per la scelta di rotte irregolari confermano che la loro popolarità è dovuta alla relativa convenienza economica rispetto alle normali forme di viaggio. Circa il 33% dei migranti irregolari rimpatriati ha riferito di aver fatto questa scelta proprio in virtù del costo più basso. Inoltre, la maggiore accessibilità delle rotte irregolari (o l’inaccessibilità di quelle regolari), l’inesistente o scarsa burocrazia associata alle rotte irregolari e la persuasione esercitata dagli intermediari sono state indicate rispettivamente dal 27, dal 18 e dal 15% dei rimpatriati irregolari tra le ragioni principali della loro preferenza per questa soluzione.
Lo studio identifica anche le conseguenze, sia negative che positive, della migrazione irregolare sui migranti. Alla domanda: “Hai mai avuto problemi durante il tuo viaggio o immediatamente dopo l’arrivo nel tuo paese di destinazione?” hanno risposto positivamente 151 rimpatriati, pari al 70,2% dei 215 intervistati. La maggior parte, cioè circa il 42,9%, ha dichiarato di aver subìto sfruttamento economico; il 14,04% ha menzionato le violenze psicologiche, il 14,04% la fame e la sete e l’11,10% le violenze fisiche. Le altre conseguenze negative dell’emigrazione comprendono lo sfruttamento sul lavoro, la servitù involontaria, il rapimento a scopo di riscatto, i confinamenti forzati e, in casi estremi, la perdita di vite umane.
In conclusione, considerati i principali risultati di questa ricerca, si possono raccomandare alcuni campi d’azione per il contenimento delle dimensioni e delle conseguenze negative delle migrazioni irregolari. È necessario a tal fine uno sforzo congiunto delle diverse parti in causa, che comprendono, tra l’altro, la comunità locale e i leader religiosi, il governo e le organizzazioni non governative (sia a livello locale, che nazionale e internazionale). Le aree di intervento dovrebbero comprendere principalmente l’aumento degli istituti di formazione professionale, uno sforzo per modificare l’atteggiamento delle comunità verso le migrazioni e l’implementazione di misure per la formazione specifica e la facilitazione delle iniziative imprenditoriali per i settori più vulnerabili della società. Oltre a ciò, le competenti agenzie governative e non governative dovrebbero dare priorità alla creazione di opportunità di lavoro nei luoghi di origine, all’eliminazione della povertà e ad un’efficace azione repressiva nei confronti degli intermediari illegali.
Infine, va sottolineata l’importanza di mettere in atto effettive ed efficaci misure di assistenza e protezione per le vittime dell’emigrazione in generale e, in particolare, di quella irregolare.
Per quanto riguarda la metodologia adoperata, in considerazione della natura multidisciplinare della materia di studio, sono stati utilizzati sia un approccio di ricerca qualitativo che quantitativo. Inoltre, durante l’indagine si è fatto ricorso ad interviste dettagliate, a gruppi di approfondimento e a un questionario come strumenti per la raccolta dei dati.
Per l’analisi qualitativa, è stata utilizzata una combinazione di tecniche di campionamento mirato (purposive sampling) e “a valanga” (snowball sampling) al fine di identificare le persone con esperienze dirette e indirette sulla migrazione. Per l’analisi dei dati quantitativi sono state utilizzate tecniche di campionamento mirate, stratificate (stratified sampling) e casuali semplici (random sampling). Dunque, lo studio ha riguardato 326 migranti rientrati in Etiopia (pari al 20%) sulla base della formula per la determinazione della dimensione del campione. Risposte complete sono state fornite da 215 migranti, di cui 64 classificabili come migranti regolari e 151 irregolari. A fini comparativi, è stato intervistato anche un gruppo di controllo costituito da 53 persone che non sono mai emigrate all’estero, classificabili come potenziali migranti, cioè persone che ipotizzando di poter emigrare nel futuro.
Inoltre, per l’analisi quantitativa dei dati si è applicato un modello di regressione logistica binaria lineare alla decisione di emigrare e le sue covariate a livello individuale e domestico; infine, si è utilizzato il test del chi-quadro per valutare la significatività dei risultati.