Le migrazioni sono un aspetto integrante delle attività umane sin dall’antichità, oggi divenute fonte di preoccupazione globale a causa del crescente numero di crisi migratorie, che coinvolgono anche l’Etiopia. A differenza di altre parti del paese, la zona di Bale è una delle aree in cui si registra un alto numero di migranti irregolari e di rimpatriati (returnees). Al fine di comprendere le cause e contenere le principali conseguenze delle migrazioni si è ritenuto necessario condurre una ricerca di riferimento (baseline survey) in quella zona.
Alla luce di questa premessa, è scopo di questo studio valutare le informazioni di base e i fattori trainanti che contribuiscono ad alimentare le migrazioni dai woreda (distretti) di Sinana, Robe e Goba. Nello specifico, lo studio cerca di identificare lo status socioeconomico dei rimpatriati, le motivazioni di base dei potenziali migranti, le competenze lavorative dei rimpatriati che determinano il tipo di attività economica e i fattori che influenzano la decisione di emigrare.
Nell’indagine di riferimento si è utilizzato un approccio di studio descrittivo di tipo trasversale; per la raccolta dati sono stati disegnati strumenti quali i questionari (sia strutturato che semi-strutturato), una guida per l’intervistatore e una checklist di verifica. Inoltre, utilizzando una formula per la determinazione delle dimensioni del campione, lo studio ha coinvolto 259 intervistati, pari al 32,9 % del totale di 785 individui, costituito da 361 rimpatriati e 424 potenziali migranti nei tre woreda. Successivamente, sono state utilizzate tecniche di campionamento mirate per identificare i partecipanti e i tre woreda, caratterizzati da un elevato livello di migrazioni irregolari e di rimpatriati; si è poi utilizzato un campionamento stratificato per definire i campioni rappresentativi di ciascun woreda e semplici tecniche di campionamento casuale per identificare i partecipanti per la raccolta dati. Infine, si è utilizzata la statistica descrittiva per l’analisi delle principali risposte ottenute dagli intervistati.
I risultati dell’indagine di riferimento mostrano innanzitutto la differenziazione delle migrazioni per età e per sesso. I maschi (86) rappresentano la maggioranza, cioè il 57,3 %, dei migranti rimpatriati nei tre dipartimenti analizzati, Sinana, Robe e Goba. Inoltre, la maggioranza dei rimpatriati, pari al 77,3 %, è compresa nella fascia di età tra i 30 e i 39 anni, mentre il 68,8 % dei potenziali migranti si trova nella fascia di età compresa tra 20 e 29 anni. Infine, gran parte dei potenziali migranti (il 35,77 %) e dei rimpatriati (il 28,66 %) provengono da nuclei familiari composti da due a cinque membri.
Per quanto riguarda il livello di reddito, si è riscontrata una media mensile inferiore a 1000 birr (ETB) per la maggioranza degli intervistati (oltre il 53%), mentre il 10,20 per cento e il 7,54% hanno dichiarato redditi compresi rispettivamente tra 3001 e 4000 ETB/mese e tra 2001 e 3000 ETB/mese, il che costituisce probabilmente la forza trainante per chi emigra alla ricerca di un reddito migliore. Prima di emigrare, il reddito dei rimpatriati risultava compreso tra un minimo di 300 ETB e un massimo di 5700 ETB al mese.
Secondo l’Ufficio del lavoro e degli affari sociali della zona di Bale, nel 2016 si osservava una tendenza all’aumento del numero di migranti rimpatriati. Ad esempio, la quota di migranti rimpatriati nel woreda di Sinana nella zona di Bale era passata dall’11 % del 2012/2013 al 27 % del 2015/2016, mentre nel caso della città di Robe la loro presenza era cresciuta dall’11 % del 2013/2014 al 63 % del 2014/2015.
Per quanto riguarda le rotte utilizzate e il contrabbando, i migranti rimpatriati risultano aver impiegato tre canali per emigrare verso l’Arabia Saudita. Il primo canale è quello della cosiddetta “migrazione pubblica”, utilizzato da chi era registrato ufficialmente come lavoratore migrante presso il Ministero etiopico del lavoro e degli affari sociali (MoLSA); il secondo canale è rappresentato da una delle agenzie private per l’impiego legalmente registrate (PEA). Entrambi i canali regolari appena citati sono stati banditi dal governo etiopico. Il terzo canale utilizzato dai rimpatriati è quello irregolare, che passa attraverso la rete del contrabbando: attraverso Afar a Bosaso, nel Puntland, poi nello Yemen (e da lì potenzialmente in Arabia Saudita); da e attraverso Afar a Gibuti, poi nello Yemen e da lì potenzialmente oltre, ancora in Arabia Saudita; infine da Bale passando per Harar a Gibuti, poi nello Yemen.
L’altra rotta per le destinazioni scelte attualmente dai migranti utilizza la rete del contrabbando che parte da Bale; i migranti attraversano la regione di Arsi fino ad Addis Abeba, per poi spostarsi in direzione di Metema, nella regione di Amhara. Una volta a Metema attraversano il confine con il Sudan, per poi proseguire il viaggio verso la Libia e infine l’Europa.
I risultati dell’indagine di riferimento hanno inoltre rivelato che la disoccupazione e il lavoro scarsamente retribuito hanno contribuito alla percentuale più elevata di migrazioni (58%); a seguire, la povertà (56%), le pressioni familiari (28%), le pressioni di compagni ed amici (23%), la scarsità di terreni agricoli (17%), la mancanza di capitali per avviare un’attività in proprio (17 %), la scarsa sicurezza (16 %) e infine altri fattori (2 %).
Per quanto riguarda i fattori “di attrazione” della migrazione, la ricerca rivela che hanno contribuito alle più alte percentuali di migrazione illegale le opportunità e l’accessibilità del lavoro (57%), la ricerca di un reddito elevato (43%), la rete di rapporti sociali (26%) e i trafficanti (19%).
Per ciò che concerne la scelta delle modalità di migrazione, la maggioranza dei partecipanti intervistati nei tre woreda mostrano di preferire la migrazione irregolare, presa in considerazione da oltre l’86 per cento del campione, rispetto a quella regolare. Secondo i risultati del sondaggio, le ragioni più diffuse della preferenza per la migrazione irregolare nelle zone esaminate includono: il minor costo (47,7%); la scarsa accessibilità dei canali regolari (6,4%); l’alto livello di burocratizzazione e regolamentazione dei canali regolari (13%).
Per quanto riguarda le conseguenze della migrazione nell’area di studio, il 62,4% degli intervistati ha risposto che l’impatto è stato positivo, il 22,9% pensa il contrario, mentre il 12,8% non ha espresso un’opinione in merito. Il gruppo che ne ritiene positivo l’impatto fornisce come ragioni principali il flusso di rimesse nel paese di origine (37%), seguito dalla creazione di opportunità di lavoro (31%) e il miglioramento dei servizi sociali (30%); al contrario, chi ne vede le conseguenze negative ha risposto che le ragioni sono la perdita della vita (39%), la mancanza di interesse per la creazione di un lavoro nel paese d’origine (29%) e la dipendenza dalle rimesse (22%).
Inoltre, in questo sondaggio di riferimento si è cercato di identificare quale lavoro o attività gli intervistati preferirebbero intraprendere se ricevessero supporto. I risultati mostrano che la maggior parte del campione preferirebbe impegnarsi in piccole imprese nel settore bar e ristorazione, seguito dall’allevamento di pollame e dall’investimento nell’agricoltura moderna con supporti meccanizzati.
In conclusione, sulla base dei principali risultati di questa ricerca si potrebbero raccomandare ai responsabili dello sviluppo economico alcuni interventi per l’inclusione dei migranti, come l’aumento degli istituti di formazione professionale, uno sforzo per modificare l’atteggiamento delle comunità verso la migrazione, un impegno congiunto degli organismi competenti per ridurre al minimo l’immigrazione illegale e l’implementazione di misure per la formazione specifica e la facilitazione delle iniziative imprenditoriali.